Roma – “Quest’ultimo lavoro dell’università di Manchester in merito alla tecnica innovativa di produzione di silicio 28 molto più puro rispetto ai processi attuali apre la strada a nuovi sviluppi nel campo dei processori quantistici “spin qubits” di silicio. Questi, sono realizzati creando, in un substrato di silicio più puro possibile, delle inclusioni di nanostrutture, chiamate anche quantum dots, che servono a intrappolare cariche individuali i cui spin sono poi usati come qubit”. Lo ha spiegato a 30Science.com, Giuliana Siddi Moreau, ricercatrice in Quantum Computing, presso il Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna (Crs4).
“Tra tutti i sistemi quantistici a due livelli usati per produrre quantum computer – spiega Siddi Moreau – la tecnologia degli spin qubit di silicio promette di essere quella che nel più lungo termine offrirà dei dispositivi poco costosi e di dimensioni molto minori rispetto alle altre modalità quantistiche, avvantaggiandosi della filiera di un’industria già matura quale quella dei semiconduttori. Per dare un’idea, la stessa area che ospita un transmon, il qubit a super-conduttori, potrebbe ospitare circa 1000 spin qubit. Tale concentrazione sarebbe l’ideale per avere una sovrabbondanza di qubit che consenta la ridondanza necessaria a creare dei qubit logici a controllo di errore da qubit fisici affetti da rumore quantistico”.
“Rispetto ai superconduttori – continua – la temperatura di esercizio degli spin qubits è relativamente elevata (si parla di 4 Kelvin invece dei 10 milliKelvin necessari per i superconduttori), la velocità delle porte quantistiche è abbastanza elevata e i qubit sono meno affetti da rumore ambientale. La possibilità di realizzare un substrato molto puro offrirà di avere qubit ancora più stabili e meno affetti dalla perdita dell’informazione quantistica dovuta all’interazione con l’ambiente.
La tecnologia degli spin qubits di silicio, che partì dall’implementazione pionieristica fatta nel 1998 da Bruce Kane, è portata avanti da un gigante quale Intel, che proprio l’anno scorso ha annunciato il rilascio del suo ultimo chip per la ricerca quantistica, Tunnel Falls, un chip in silicio a 12 qubit, che è ora disponibile per la comunità della ricerca quantistica. Altri gruppi nel mondo, in Australia, Stati Uniti, Paesi Bassi, Cina per citarne alcuni, stanno lavorando in modo febbrile per produrre i progressi tecnologici necessari a rendere scalabile e migliorare la tecnologia a semiconduttori con l’intento, ad esempio, di riuscire a creare un link coerente tra qubit fisicamente distanti e di ovviare al collo di bottiglia del cablaggio di controllo individuale dei qubit che possono essere molto densi in uno spazio piccolo”.
“Nei prossimi cinque anni – conclude – probabilmente la ricerca scientifica fornirà gli ultimi tasselli tecnologici che consentiranno a queste unità di processo quantistiche di avere numerosità di qubit e scalabilità utilizzabili per la computazione quantistica volta al mondo reale”.(30Science.com)