Lucrezia Parpaglioni

Le ondate di calore impattano sul fitoplancton dell’Artico

(18 Maggio 2024)

Roma  – La base della rete alimentare marina nell’Artico, il fitoplancton, risponde alle ondate di calore in modo molto diverso rispetto alle temperature costantemente elevate. È quanto emerge dai primi esperimenti mirati, condotti di recente presso la stazione AWIPEV dell’Istituto Alfred Wegener, descritti sulla rivista Science Advances. Secondo i risultati, il comportamento del fitoplancton dipende principalmente dalle fasi di raffreddamento successive o che si verificano tra le ondate di calore.

Ormai sempre più frequenti nel globo, le ondate di calore stanno diventando sempre più comuni anche nell’Artico. Durante un’ondata di calore, non solo l’aria ma anche l’oceano si riscalda: la temperatura è sostanzialmente superiore al valore medio stagionale per almeno cinque giorni consecutivi. Ma, il modo in cui queste fluttuazioni di temperatura a breve termine influenzano gli organismi polari era finora in gran parte poco chiaro. Per far luce su questo aspetto, un gruppo di ricerca, guidato da Klara Wolf, dell’Università di Amburgo e Costanza e da Björn Rost, dell’Istituto Alfred Wegener, Centro Helmholtz per la ricerca polare e marina, AWI, ha condotto degli esperimenti per studiare come le alghe unicellulari, il fitoplancton, reagiscano a questi eventi estremi.

Klara Wolf all’esperimento sul fitoplancton a Ny Ålesund, Svalbard
CREDITO
Istituto Alfred-Wegener / Rene Bürgi

Dato il ruolo del fitoplancton come base della rete alimentare marina, i suoi cambiamenti potrebbero avere ripercussioni sull’intero ecosistema artico. In esperimenti di incubazione presso la stazione AWIPEV di Svalbard, i ricercatori hanno lasciato crescere per 20 giorni le comunità naturali di fitoplancton del vicino Kongsfjorden in diverse condizioni: temperature normali e aumentate ma costanti, a 2° C, 6° C e 9° C. Per confronto, hanno sottoposto il fitoplancton a ripetute ondate di calore di intensità variabile, a 6° C e 9° C, ciascuna della durata di cinque giorni con una fase di raffreddamento di tre giorni alla temperatura media stagionale, a 2° C, nel mezzo. Sono stati raccolti diversi tipi di campioni a intervalli definiti, per caratterizzare le risposte fisiologiche e qualsiasi potenziale spostamento di specie. “In condizioni di temperature stabili, anche un aumento estremo di +7° C ha portato a una crescita accelerata e a una maggiore produttività, con cambiamenti sorprendentemente piccoli nella composizione delle specie, anche nell’arco di settimane”, ha affermato Wolf, a proposito dei risultati degli esperimenti. “Al contrario, gli effetti delle ondate di calore sono molto più complessi e non seguono lo stesso schema”, ha continuato Wolf. “Ciò implica che le nostre conoscenze sugli aumenti costanti di temperatura non possono essere facilmente applicate a queste fasi calde di breve durata, che normalmente durano solo pochi giorni”, ha proseguito Wolf. “Una delle ragioni di questa differenza è che, a quanto pare, non solo l’esposizione all’aumento delle temperature ha un impatto importante sulla produttività, ma anche e soprattutto le fasi di raffreddamento dopo o nel mezzo delle ondate di calore, e su questi effetti si sa molto poco”, ha evidenziato Wolf. “Stiamo appena iniziando a capire come le ondate di calore possano avere un impatto sulle regioni polari”, ha dichiarato Rost. “Il nostro studio rappresenta un primo passo importante e mostra quali aspetti delle ondate di calore e quali processi legati al fitoplancton dobbiamo esaminare più da vicino”, ha precisato Rost. “Inoltre, la nostra ricerca dimostra che ciò che sappiamo sui processi e sugli effetti di temperature costantemente più elevate non può essere applicato semplicemente in modo univoco”, ha spiegato Rost. “Infatti, gli scenari che prevedono temperature fluttuanti possono produrre un’ampia gamma di effetti, motivo per cui prevedere le loro implicazioni è più complicato rispetto al riscaldamento continuo”, ha aggiunto Rost. “Di conseguenza, per sviluppare proiezioni e modelli migliori su come la produzione primaria e l’ecosistema artico cambieranno in risposta ai cambiamenti climatici, non sarà sufficiente studiare gli effetti delle temperature medie; gli effetti delle fluttuazioni di temperatura eritano maggiore attenzione” ha sottolineato Rost. “Mentre il riscaldamento stabile fino a una certa temperatura aumenta la produttività, alcune ondate di calore possono ridurla, mentre altre la aumentano”, ha notato Rost. “Una migliore comprensione degli effetti delle temperature variabili, soprattutto delle fasi di raffreddamento, è quindi essenziale per migliorare le previsioni sui potenziali cambiamenti della biodiversità” ha speificato Rost. “Le indagini sul fitoplancton sono in questo caso fondamentali, poiché i cambiamenti alla base della rete alimentare possono avere un impatto su tutti i livelli trofici superiori, fino alla pesca”, ha concluso Rost.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.