Roma – Una lezione di astronomia sulle stelle binarie potrebbe iniziare con una serie di diagrammi complessi e dati, o con una clip dal film Star Wars in cui Luke Skywalker guarda il cielo del suo pianeta natale, Tatooine, e vede due soli brillare. Cosa risveglierà più facilmente l’interesse di una classe di liceali assonnati? La fantascienza ha sempre catturato la nostra attenzione e, come molti scienziati affermano, spesso è stata fonte di ispirazione per la loro carriera scientifica. Per questo motivo, a volte viene utilizzata per comunicare la scienza al pubblico, anche per trasmettere contenuti complessi. Per essere certi che questo sia un metodo efficace è necessario però capire come la scienza reale sia rappresentata dalla fantascienza. Una nuova ricerca pubblicata nel Journal of Science Communication – JCOM, utilizzando una metodologia quantitativa in grado di analizzare un ampio corpus di opere di fantascienza (che parlano in qualche modo di esopianeti) ha dimostrato che cambiamenti significativi nella conoscenza scientifica corrispondono a cambiamenti nella letteratura di fantascienza.
Emma Johanna Puranen, ricercatrice presso il St Andrews Centre for Exoplanet Science (Università di St Andrews), insieme alle sue colleghe del Centro, Emily Finer e V Anne Smith, e Christiane Helling, direttrice dell’Istituto di Ricerca Spaziale (IWF) dell’Accademia Austriaca delle Scienze, hanno applicato l’analisi delle reti bayesiane a un corpus di 142 opere di fantascienza, tra cui romanzi, film, programmi televisivi, podcast e videogiochi. Le scienziate hanno scelto di indagare la rappresentazione dei pianeti extrasolari, chiamati anche esopianeti. “Sono onnipresenti nella fantascienza, li vediamo ovunque. La maggior parte delle storie che si svolgono nello spazio alla fine hanno una scena su un esopianeta”, spiega Puranen. “L’altro motivo per cui li abbiamo scelti è che c’è stato un momento di enorme cambiamento nella nostra comprensione scientifica, nel 1995 quando è stato scoperto il primo esopianeta che orbita intorno a una stella simile al sole.”
La metodologia delle reti bayesiane ha permesso un’indagine quantitativa su un argomento – la fantascienza – solitamente analizzato qualitativamente, e spesso solo un’opera alla volta. In una rete bayesiana, le caratteristiche degli esopianeti ritratti nelle opere selezionate sono rappresentate come nodi in una rete interconnessa, permettendo di capire come ogni nodo influenzi gli altri. In pratica, si può determinare se, ad esempio, un pianeta in un’opera specifica è rappresentato come favorevole alla vita, se e quanto fortemente ciò influisce su un’altra caratteristica del pianeta. Poiché le opere di fantascienza analizzate erano distribuite su un arco di tempo relativamente ampio, prima e dopo il 1995, Puranen e colleghe sono stati in grado di osservare che dopo quella data, la rappresentazione degli esopianeti nella fantascienza è cambiata.
“Tradizionalmente la fantascienza nella maggior parte dei casi ha ritratto pianeti simili alla Terra e abitabili”, spiega Puranen, ed è ovviamente sensato, poiché si tratta di prodotti culturali realizzati da esseri umani per altri esseri umani. “Ciò che però è cambiato dalla scoperta dei veri esopianeti è che gli esopianeti inventati sono diventati in realtà un po’ meno simili alla Terra.”
Infatti, le osservazioni fatte dalla scienza fino ad oggi contengono una vasta maggioranza di pianeti molto diversi dal nostro e molto raramente posizionati in quella che gli scienziati definiscono la zona abitabile, dove le condizioni sono potenzialmente più favorevoli per la vita come la conosciamo. Questa realtà scientifica, commenta Puranen, è percolata nella rappresentazione della fantascienza. “Probabilmente gli autori di fantascienza leggono tutti questi titoli giornalistici che si vedono nei media, su mondi coperti di lava o dove piovono diamanti”, commenta la ricercatrice.
“Credo che la fantascienza sia ricettiva rispetto alle scoperte scientifiche. Penso che in un certo senso rifletta quello che stava succedendo nella scienza al momento in cui è stata scritta”, conclude Puranen. “Quindi penso che potrebbe essere incorporata nella comunicazione della scienza diventando un punto di partenza. Può introdurre concetti alle persone”.(30Science.com)