Lucrezia Parpaglioni

Cicli glaciali dipendono da forze astronomiche

(16 Maggio 2023)

Roma – Le forze astronomiche, che regolano da sempre i cicli glaciali, sono responsabili del cambiamento dei cicli glaciali nel tempo. In passato, infatti, i cicli glaciali si alternavano con una frequenza molto diversa da quella dell’era moderna. Questa la scoperta, pubblicata su Communications Earth & Environment, da gruppo di ricercatori, climatologi e astronomi, guidato da Yasuto Watanabe dell’Università di Tokyo. Il gruppo di ricerca ha utilizzato un modello computerizzato migliorato per riprodurre il ciclo delle ere glaciali da 1,6 a 1,2 milioni di anni fa. Questi risultati aiuteranno a comprendere meglio il passato, il presente e il futuro delle calotte glaciali e del clima terrestre.

L’orbita della Terra intorno al Sole e l’orientamento del suo asse di rotazione cambiano lentamente nel tempo, a causa della forza di gravità esercitata dal Sole, dalla Luna e dagli altri pianeti. Queste forze astronomiche influenzano l’ambiente terrestre a causa dei cambiamenti nella distribuzione della luce solare e del contrasto tra le stagioni. In particolare, le distese di ghiaccio sono sensibili a queste forze esterne, dando luogo a un ciclo tra periodi glaciali e interglaciali.

L’attuale ciclo glaciale-interglaciale ha un periodo di circa 100.000 anni. Tuttavia, il ciclo glaciale del primo Pleistocene, circa 800.000 anni fa, si è alternato più rapidamente, con un ciclo di circa 40.000 anni. Dallo studio si evince che le forze esterne astronomiche siano responsabili di questo cambiamento, ma i dettagli del meccanismo non sono stati compresi. Negli ultimi anni, grazie all’affinamento dei dati geologici e allo sviluppo della ricerca teorica, è stato possibile indagare più dettagliatamente sul ruolo delle forze astronomiche.

Dall’analisi dei risultati delle simulazioni, svolte dai ricercatori, sono state identificati tre eventi sui meccanismi con cui le forze astronomiche hanno causato i cambiamenti climatici di quei tempi. In primo luogo, il periodo glaciale è determinato da piccole differenze nell’ampiezza della variazione dell’orientamento dell’asse di rotazione e dell’orbita terrestre. In secondo luogo, la tempistica della deglaciazione è determinata principalmente dalla posizione del solstizio d’estate sulla sua orbita, che si trova al perielio, e non solo dall’effetto della variazione periodica dell’inclinazione dell’asse terrestre. Terzo, la tempistica del cambiamento dell’orientamento dell’asse di rotazione e della posizione del solstizio d’estate sulla sua orbita determina la durata del periodo interglaciale.

“Man mano che vengono alla luce prove geologiche di epoche più antiche, diventa chiaro che la Terra aveva un regime climatico diverso da quello attuale; dobbiamo avere una diversa comprensione del ruolo delle forzature astronomiche nel lontano passato”, ha affermato Takashi Ito dell’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone, membro del team di ricerca che ha condotto la discussione sulle forze esterne astronomiche.

“Le simulazioni numeriche effettuate in questo studio – ha continuato Ito – non solo riproducono bene il ciclo glaciale-interglaciale del Pleistocene, ma spiegano anche con successo i complessi effetti di come le forzature astronomiche hanno guidato il ciclo in quel periodo. Possiamo considerare questo lavoro come un punto di partenza per lo studio dei cicli glaciali al di là della Terra attuale”. (30Science)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.