(30Science.com) – Roma, 7 set. – COVID-eVax, il vaccino a DNA sviluppato da Takis e Rottapharm Biotech, è risultato ben tollerato e ha indotto una risposta immunitaria anticorpale e/o cellulare fino al 90 per cento dei volontari. Ne danno annuncio in un comunicato stampa gli scienziati delle aziende italiane coinvolte nella sperimentazione, che hanno elaborato i dati preliminari della fase I, condotta in Italia. COVID-eVax è il primo vaccino a DNA contro Covid-19 che raggiunge la fase di sviluppo clinico in Europa.

Lucio Rovati, presidente e direttore scientifico di Rottapharm Biotech
“Siamo davvero entusiasti dei risultati ottenuti. COVID-eVax si è dimostrato ben tollerato e in grado di suscitare una buona risposta immunitaria” – spiega Lucio Rovati, Presidente e Direttore Scientifico di Rottapharm Biotech – per cui siamo molto contenti che si sia dimostrata tanto positiva. Questa piattaforma potrebbe rivelarsi rivoluzionaria anche per il trattamento di altre condizioni cliniche, come le patologie oncologiche”.
Lo scienziato precisa poi che la fase II dovrà seguire protocolli diversi rispetto a quanto previsto durante la progettazione dello studio. “Avevamo pensato di somministrare il nostro vaccino in una fascia della popolazione non immunizzata – spiega Rovati – ma ormai, per fortuna, le campagne di vaccinazione stanno proseguendo bene e già più del 70 per cento della popolazione ha ricevuto l’inoculazione contro Covid-19, non solo in Italia, ma anche nella maggior parte dei paesi europei. Per questo pensiamo di valutare l’efficacia di COVID-eVax come richiamo aggiuntivo ai vaccini già in via di distribuzione”. “Il problema principale – prosegue – riguarda però la mancanza di fondi. Abbiamo fatto tanto e ottenuto un grande risultato, ma siamo due piccole aziende, e non possiamo portare avanti un progetto di tali dimensioni, abbiamo bisogno di finanziamenti statali”.
“Nei giorni scorsi sono stati resi disponibili anche i risultati del vaccino ZyCoV-D, sviluppato in India e simile al nostro come concetto di base – aggiunge Rovati – i colleghi indiani hanno tuttavia ottenuto un buon risultato con tre somministrazioni, mentre COVID-eVax sembra efficace con due sole dosi. Ad ogni modo anche questo risultato si aggiunge al numero crescente di prove ed evidenze a favore dei vaccini a DNA. Speriamo davvero che il nostro lavoro possa aprire la strada a una serie di nuove ricerche su questa piattaforma, potenzialmente in grado di salvare moltissime vite, non solo in relazione a Covid-19, ma anche per il trattamento di altre malattie”.
“Stiamo pensando alle possibili alternative – continua Rovati – il profilo della reazione immunitaria, con una forte risposta di tipo cellulare, è tale che Covid-eVax dovrebbe essere testato come terza dose quando la risposta anticorpale da parte dei vaccini già disponibili andrà a diminuire e al fine di fornire un forte impulso alla memoria immunologica”.
“Per la prosecuzione dello sviluppo – commenta Luigi Aurisicchio, Amministratore delegato e Direttore Scientifico di Takis – saranno necessari finanziamenti che finora non siamo riusciti a ottenere. Anche i vaccini esistenti, sebbene sviluppati da grandi aziende, hanno usufruito di interventi da parte dei paesi di riferimento, come è logico che accada quando si sviluppano soluzioni per far fronte a situazioni emergenziali globali”.
I nuovi vaccini a DNA in fase di sperimentazione stanno dimostrando risultati preliminari molto incoraggianti, e potrebbero dare un significativo aiuto alle campagne vaccinali, specialmente nei paesi caratterizzati da redditi medi più bassi”. “Queste alternative – spiega Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm) – sono infatti tecnicamente facili da produrre e da adattare a eventuali ceppi varianti. Non necessitano inoltre di vettori come gli adenovirus o le particelle lipidiche, per cui tendono a risultare più tollerati e possono essere somministrati senza iniezione, ma tramite metodi meno invasivi direttamente sulla cute”. “L’altro principale vantaggio – prosegue il direttore dell’Igm – riguarda la conservazione. I vaccini a DNA non richiedono temperature proibitive come le alternative a base di RNA messaggero, come Pfizer, che deve essere mantenuto a una temperatura di -80 °C. Queste caratteristiche li rendono particolarmente indicati per l’utilizzo nei contesti più fragili, dove non sarebbe semplice gestire le catene del freddo”.(30Science.com)