Roma – L’estrazione dei metalli critici per la produzione di batterie e pannelli fotovoltaici come litio, argento e cobalto diventa sempre più complessa, con difficoltà che si traducono in un aumento fino a 4 volte delle emissioni di CO2. Un paradosso che rischia di annullare i benefici auspicati con la transizione energetica. A dirlo è lo studio guidato da Elza Bontempi e Nicola Saccani, dell’Università di Brescia, e pubblicato sulla rivista Resources, Conservation and Recycling, che suggerisce di aumentare gli investimenti nelle già efficaci tecniche di riciclo dei rifiuti elettronici e delle batterie esauste, vere e proprie miniere sottoutilizzate. “Per produrre batterie e pannelli fotovoltaici servono una serie di materiali, dal litio al cobalto al rame, elementi che già sappiamo essere nella lista delle materie prime critiche, per esempio, perché fondamentali per la transizione energetica. Ma la Commissione Europea le definisce anche materie prime ‘strategiche’ per la loro importanza non solo nell’assicurarci lavoro e competitività, ma anche benessere e qualità della vita”, ha detto Bontempi. “Ma l’aumento della loro domanda unito al parallelo calo del rendimento produttivo delle miniere, ossia il loro impoverimento – ha proseguito – spinge l’attività estrattiva anche a usare tecniche che comportano costi ambientali più alti di prima. Un paradosso che rischia di annullare qualsiasi beneficio, o persino fare peggio”. Conclusioni che arrivano dall’analisi delle variazioni del cosiddetto carbon footprint (CF) della produzione primaria dei materiali critici tra il 2019 e il 2024 e che mostra una tendenza allarmante. Il cobalto, ad esempio, ha registrato in questi 5 anni l’aumento più significativo del CF, oltre il 400%, a fronte di un aumento della produzione globale del 100%, oppure il litio ha visto raddoppiare la sua estrazione (oltre il 200%) ma parallelamente il suo impatto ambientale dovuto alle emissioni di carbonio è aumentato di 3 volte. Tali aumenti drammatici riguardano anche metalli strategici come l’argento, l’oro e il platino, che hanno molte applicazioni, come nell’industria aeronautica, elettronica e farmaceutica, e che hanno mostrato incrementi medi nel CF di circa 350%, 140% e 180%. Dinamiche dovute al progressivo esaurimento dei giacimenti ad alto tenore e che spingono le aziende estrattive a lavorare in giacimenti più profondi, con maggiori carichi di lavoro, o a più bassa concentrazione di metalli, e spesso situati in aree remote o geologicamente complesse. Un passaggio che provoca un brusco calo dell’efficienza energetica e un corrispondente aumento delle emissioni. “Siamo arrivati al punto in cui la transizione energetica deve fare i conti con i costi ambientali dovuti all’estrazione dei metalli. A ciò si aggiungono inoltre non semplici questioni geopolitiche, ossia la dipendenza quasi totale da alcune aziende o paesi, come evidenziano quasi quotidianamente le notizie di cronaca (pensiamo alla guerra in Ucraina per esempio). Affrontare queste contraddizioni richiede un’azione urgente e coordinata da parte dell’industria e dei responsabili politici per garantire che la transizione energetica rimanga realmente sostenibile”, ha detto Bontempi. “Le catene di fornitura (o supply chain) delle tecnologie chiave per la transizione energetica, tra cui la mobilità elettrica, sono globalizzate, complesse e ancora ‘aperte’ cioè, almeno in Italia, quasi prive di flussi di recupero, riutilizzo e riciclo su scala locale”, ha aggiunto Saccani. Una soluzione concreta – sottolineano gli autori – può arrivare dal potenziale non sfruttato del riciclo e delle strategie di economia circolare. “Esistono diversi vantaggi – ha aggiunto Saccani – nell’attuare delle pratiche circolari nella catena di approvvigionamento per le batterie al litio: per esempio, la riduzione del rischio di fornitura delle materie prime critiche. Anche dal punto di vista della sostenibilità, oltre che sulle emissioni di carbonio, il riciclo delle batterie agli ioni di litio comporterebbe un minore impatto sui siti estrattivi e sulle comunità locali”. Già oggi sono in fase di sviluppo numerosi progetti per il riciclo e il riuso di molti dei materiali strategici presenti all’interno dei rifiuti elettronici o delle batterie esauste. Tra questi anche il progetto AMELIE, sviluppato dall’Università di Brescia con altri partner nell’ambito del Partenariato Esteso MICS (Made in Italy Circolare e Sostenibile), che ha ricevuto il finanziamento dell’Unione Europea Next-GenerationEU (PNRR), che sta sperimentando approcci combinati per massimizzare il recupero dei metalli critici e migliorare la sostenibilità della filiera tramite la sperimentazione di diverse tecnologie italiane, finalizzata al recupero di metalli strategici (Li, Co, Mn e Ni) da batterie agli ioni di litio esauste.(30Science.com)
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Estrazione dei materiali chiave per la transizione energetica diventa sempre più ‘sporca’
(3 Novembre 2025)
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