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Uno su 10 si dice sensibile al glutine anche se non è celiaco o allergico al grano

(30 Ottobre 2025)

Roma – Circa una persona su dieci nel mondo riferisce sintomi gastrointestinali o sistemici – come stanchezza e mal di testa – dopo aver consumato alimenti contenenti glutine o grano, pur non avendo una diagnosi di celiachia o allergia al frumento. È quanto emerge da una vasta revisione sistematica e meta-analisi pubblicata su Gut (BMJ Group), che fotografa per la prima volta la diffusione globale della sensibilità non celiaca al glutine o al grano (NCGWS). La condizione, ancora poco compresa e priva di marcatori biologici specifici, sembra colpire soprattutto le donne e si associa frequentemente a sindrome dell’intestino irritabile, ansia e depressione. I sintomi più riportati sono gonfiore (71%), fastidio addominale (46%), dolore addominale (36%) e affaticamento (32%), ma non mancano diarrea, stitichezza, cefalea e dolori articolari. Lo studio, coordinato da Mohamed Shiha (University of Sheffield e University Hospitals of Leicester, Regno Unito), ha analizzato 25 ricerche condotte tra il 2014 e il 2024 su un totale di 49.476 partecipanti provenienti da 16 Paesi. I dati indicano che il 10,3% della popolazione generale si riconosce affetta da questa sensibilità, con forti differenze geografiche: dal 0,7% in Cile al 23% nel Regno Unito fino al 36% in Arabia Saudita. Quattro persone su dieci tra quelle che dichiarano una sensibilità al glutine o al grano seguono una dieta priva di glutine per alleviare i disturbi, spesso senza consultare un medico. La mancanza di criteri diagnostici chiari e la sovrapposizione con altre patologie gastrointestinali rendono tuttora difficile distinguere i casi autentici da altri disturbi correlati all’alimentazione o allo stress. “La sensibilità non celiaca al glutine e al grano interessa circa un decimo della popolazione mondiale e mostra una notevole variabilità geografica”, spiegano gli autori. “È fortemente associata al sesso femminile, al disagio psicologico e alla sindrome dell’intestino irritabile.” Gli esperti propongono di riconoscere la NCGWS come parte dei cosiddetti “disturbi dell’interazione intestino-cervello”, un gruppo di condizioni che includono anche il colon irritabile e che derivano da una complessa interazione tra sistema nervoso, microbiota e fattori psicologici. In questa prospettiva, la gestione dovrebbe essere personalizzata, basata sui sintomi e non limitata all’eliminazione totale del glutine, per evitare restrizioni alimentari non necessarie. La ricerca evidenzia inoltre la necessità di nuovi criteri clinici e diagnostici per distinguere la sensibilità al glutine da altri disturbi funzionali dell’apparato digerente e ridurre il rischio di autodiagnosi e diete fai-da-te. Come sottolineano gli autori, la grande variabilità nei dati tra Paesi potrebbe dipendere da differenze culturali, alimentari o metodologiche, ma anche da diverse percezioni individuali del benessere legato all’alimentazione.(30Science.com)

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