Roma – L’adattamento alla vita sugli alberi potrebbe essere stato cruciale per l’evoluzione dei primi ominidi, anche in ambienti aperti. A suggerirlo uno studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Ecology and Evolution, condotto dagli scienziati del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology. Il team, guidato da Rhianna Drummond-Clarke, ha esaminato gli scimpanzé nella valle di Issa, in Tanzania. Scopo dell’indagine, quello di capire quanto tempo i primi esseri umani trascorressero sugli alberi e quanto questo abbia influito sull’evoluzione. Molti dei primi ominini in grado di camminare su due piedi, spiegano gli esperti, erano anche ben adattati all’arrampicata, e non esistono prove di un cambiamento climatico che trasformò il clima in modo tanto profondo da costringere questi esemplari a scendere dagli alberi. Gli scimpanzé considerati, riportano gli autori, vivono in un mosaico di savana, un ecoambiente misto di foresta e prateria, ma si arrampicano spesso sugli alberi per raggiungere il cibo.

Una mamma scimpanzé guarda dall’albero centrale verso la sua colazione (semi!) all’estremità di sottili rami. Immagine di Rhianna C. Drummond-Clarke/Greater Mahale Ecosystem Research and Conservation (GMERC)
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Rhianna C. Drummond-Clarke/Ricerca e conservazione dell’ecosistema del Greater Mahale (GMERC)
“Per decenni – afferma Drummond-Clarke – abbiamo pensato che il bipedismo derivasse dal fatto che i nostri antenati scesero dagli alberi per attraversare la savana. Il nostro lavoro dimostra che muoversi in modo sicuro ed efficace nella volta arboricola può rimanere molto importante per una grande scimmia semi-arboricola, anche in habitat aperti”. Gli adattamenti alla vita arboricola, piuttosto che a quella terrestre, potrebbero essere stati fondamentali nel plasmare l’evoluzione iniziale della linea umana. La valle di Issa, sottolineano gli autori, è divisa tra una piccola porzione di fitta foresta che circonda le rive del fiume e boschi aperti. L’habitat e l’alimentazione degli scimpanzé che vivono in questi ambienti sono paragonabili a quelli di alcuni ominini primitivi. Gli studiosi hanno monitorato gli adulti della comunità durante la stagione secca, osservando come si procuravano il cibo sugli alberi e cosa mangiavano. Sono state registrate le dimensioni, l’altezza e la forma degli alberi, nonché il numero e le dimensioni dei rami. Gli scimpanzé di Issa si nutrivano principalmente di frutta, seguita da foglie e fiori, che tendenzialmente si trovano alle estremità dei rami. I dati suggeriscono che questi animali trascorrevano più tempo a cercare cibo sugli alberi grandi, caratterizzati da maggiori quantità di cibo. Le sessioni di foraggiamento più lunghe e i comportamenti più specializzati per muoversi sui rami terminali più sottili si osservavano sugli alberi con grandi chiome aperte che offrivano molto cibo. Il compromesso tra benefici nutrizionali di specifici alimenti e lo sforzo per procurarseli potrebbe anche spiegare perché gli scimpanzé trascorrevano più tempo sugli alberi mentre si nutrivano di semi ricchi di nutrienti e difficili da raggiungere. Sebbene questi comportamenti siano tradizionalmente associati alla ricerca di cibo nella foresta fitta, questi risultati dimostrano che sono importanti anche per gli scimpanzé che cercano cibo in un mosaico di savana. “Ipotizziamo – afferma Drummond-Clarke – che la nostra andatura bipede abbia continuato a evolversi sugli alberi anche dopo il passaggio a un habitat aperto. Studi osservazionali sulle grandi scimmie dimostrano che possono camminare sul terreno per pochi passi, ma il più delle volte usano il bipedismo sugli alberi. È logico che anche i nostri primi parenti ominidi adottassero questo tipo di comportamento. Se gli scimpanzé della valle di Issa possono essere considerati modelli idonei, i comportamenti sospensori e bipedi erano probabilmente vitali per la sopravvivenza in un habitat aperto di un ominide semi-terrestre di grandi dimensioni. Gli autori precisano che il lavoro ha considerato solo il comportamento di foraggiamento durante la stagione secca, per cui nei prossimi step sarebbe interessante verificare se questi modelli permangono anche durante la stagione delle piogge e analizzare il valore nutrizionale degli alimenti. Allo stesso tempo, concludono gli scienziati, sarà necessario valutare altre comunità di scimpanzé.(30Science.com)