Roma – Gli scimpanzé sono in grado di suonare le percussioni a tempo, ritmicamente, adottando una spaziatura regolare tra i colpi. A questa curiosa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, condotto dagli scienziati dell’Università di Vienna, dell’Università di St. Andrews e dell’Università La Sapienza di Roma. Il team, guidato da Vesta, Catherine Hobaiter e Andrea Ravignani, ha analizzato 371 episodi di tamburellio di scimpanzé orientali e occidentali. I risultati, commentano gli esperti, evidenziano che le basi della musicalità potrebbero essere emerse in un antenato comune con i primati.
“Non ci aspettavamo – afferma Eleuteri – di scoprire che il ritmo di percussione condividesse così evidenti somiglianze con la musica umana”. Era stato dimostrato in precedenza, aggiungono gli autori, che gli scimpanzé producono suoni a bassa frequenza tamburellando sulle radici che crescono sopra il terreno, ma ora i ricercatori sostengono che questi schemi vengano utilizzati per mandare messaggi sia sulle lunghe che sulle corte distanza. “Ogni scimpanzé – continua – ha il suo stile di tamburellare unico. Questo contribuisce a restare aggiornati sui vari esemplari e sulla loro posizione”. In particolare, riportano gli studiosi, gli scimpanzé tamburellano a ritmo e che la cadenza dei loro colpi non è casuale e spesso uniformemente distanziata.
Anche le sottospecie orientali e occidentali esibivano pattern di percussione diversi. Il lignaggio occidentale, infatti, usava colpi uniformemente distanziati, mentre i primati orientali alternavano più spesso colpi a intervalli più brevi e più lunghi. “La musica fa parte del nostro essere umani – conclude Hobaiter – ma non sappiamo in che punto del percorso evolutivo sia emersa. Dimostrare che gli scimpanzé condividono alcune delle proprietà fondamentali del ritmo musicale umano nel loro suonare il tamburo è un passo davvero entusiasmante per capire quando e come abbiamo sviluppato questa abilità. Il nostro lavoro suggerisce un’origine molto più antica della nostra specie”.(30Science.com)