Lucrezia Parpaglioni

Farmaco sperimentale offre nuove prospettive per una rara forma di SLA

(27 Maggio 2025)

Roma – Un farmaco sperimentale si è dimostrato promettente per la cura di una rara forma di sclerosi laterale amiotrofica, SLA. Lo rivela lo studio del Columbia University Irving Medical Center, riportato su The Lancet. La SLA è una malattia neurodegenerativa progressiva che, nella maggior parte dei casi, progredisce rapidamente senza possibilità di recupero funzionale. Tuttavia, una nuova speranza emerge per alcuni pazienti colpiti da una forma rara e particolarmente aggressiva della malattia, causata da mutazioni nel gene FUS. Questo sottotipo rappresenta solo l’1-2% dei casi di SLA, ma si manifesta spesso in adolescenti e giovani adulti, con un decorso clinico devastante. Il neurologo e scienziato Neil Shneider, direttore dell’Eleanor and Lou Gehrig ALS Center presso il Columbia University Irving Medical Center, ha guidato una ricerca pionieristica su una terapia sperimentale, ulefnersen, precedentemente nota come jacifusen, sviluppata in collaborazione con Ionis Pharmaceuticals. Ulefnersen è un oligonucleotide antisenso, ASO, una classe di farmaci innovativi che utilizzano brevi frammenti di DNA per silenziare selettivamente geni patologici. In questo caso, il farmaco è progettato per ridurre la produzione della proteina FUS mutata, la cui accumulazione nei motoneuroni è responsabile della morte cellulare e della progressione della malattia. Studi preclinici avevano già suggerito che la riduzione delle proteine FUS tossiche potesse prevenire o rallentare la neurodegenerazione, fornendo così le basi per il trattamento nei pazienti umani. Dei 12 pazienti trattati, due casi hanno mostrato risposte cliniche senza precedenti. Una giovane donna, dopo aver perso la capacità di camminare e di respirare autonomamente, ha recuperato entrambe le funzioni grazie alle iniezioni di ulefnersen iniziate alla fine del 2020. Si tratta della sopravvivenza più lunga mai registrata per questa forma giovanile di SLA-FUS. Il secondo caso riguarda un uomo sulla trentina, asintomatico all’inizio della terapia ma con segni elettromiografici premonitori. Dopo tre anni di trattamento continuativo, non ha sviluppato alcun sintomo clinico e si è osservato un miglioramento dell’attività elettrica muscolare. Nel complesso, dopo sei mesi di trattamento, i pazienti hanno mostrato una riduzione fino all’83% dei livelli di neurofilamento leggero, un biomarcatore del danno neuronale, suggerendo un effetto neuroprotettivo del farmaco. Anche se la maggior parte dei pazienti sintomatici non è sopravvissuta alla forma aggressiva della malattia, molti hanno beneficiato di un rallentamento della progressione e di una maggiore sopravvivenza rispetto alle aspettative. La serie di casi ha inoltre dimostrato che ulefnersen è sicuro e ben tollerato, senza gravi effetti avversi correlati. Questi risultati hanno spinto Ionis Pharmaceuticals a promuovere una sperimentazione clinica globale, attualmente in corso e guidata dallo stesso Shneider, con l’obiettivo di ottenere l’approvazione regolatoria del farmaco.“Queste risposte dimostrano che, se interveniamo abbastanza precocemente e aggrediamo il bersaglio giusto al momento giusto nel corso della malattia, è possibile non solo rallentarne la progressione, ma addirittura invertire alcune delle perdite funzionali”, ha affermato Shneider. “È anche un meraviglioso esempio di medicina di precisione e di sviluppo terapeutico basato sulla scienza e sulla comprensione della biologia delle malattie”, ha aggiunto Shneider. Lo studio rappresenta un esempio concreto di medicina di precisione applicata a una delle forme più difficili di SLA. Sebbene i risultati siano ancora preliminari e limitati a un piccolo numero di pazienti, l’efficacia osservata in alcuni casi apre la strada a nuove strategie terapeutiche personalizzate per malattie neurodegenerative rare e aggressive. L’attesa ora è per i risultati degli studi clinici in corso, che potrebbero cambiare radicalmente la prognosi di questi pazienti.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.