Roma – Lo svolgimento di attività fisica e la partecipazione ad attività sportive organizzate durante la prima infanzia sono associati a un rischio ridotto di sviluppare disturbi mentali durante l’adolescenza. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sul British Journal of Sports Medicine, condotto dagli scienziati dell’Università di Linköping. Il team, guidato da Oskar Lundgren, ha considerato i dati raccolti nell’ambito dello studio ABIS (All Babies in Southeast Sweden), che include dati rappresentativi a livello nazionale raccolti da 17.055 famiglie con bambini nati tra il primo ottobre 1997 e il primo ottobre 1999 nel sud-est della Svezia. La prevalenza di problemi di salute mentale tra bambini e adolescenti, spiegano gli esperti, è aumentata notevolmente in tutto il mondo. Questo incremento è stato collegato in parte alla maggiore vulnerabilità allo stress. È stato dimostrato che l’attività fisica contribuisca a una maggiore resilienza allo stress, ma non è chiaro se esistano periodi in cui è più benefica. Per rispondere a questi interrogativi, i ricercatori hanno valutato le informazioni relative a 16.365 bambini, di cui 7.880 femmine e 8.485 maschi. I genitori hanno riportato i livelli di attività fisica dei loro figli, la quantità di tempo trascorso all’aperto e la loro partecipazione ad attività sportive organizzate. Stando a quanto emerge dall’indagine, un bimbo su quattro aveva vissuto un evento traumatico prima dei cinque anni, e circa il 30 per cento entro i 10 anni. La salute mentale dei piccoli partecipanti è stata monitorata fino all’età di 18 anni. È stato rilevato che 1353 bambini, pari al 15 per cento del campione, hanno ricevuto una diagnosi di almeno un problema di salute mentale durante l’infanzia. Allo stesso tempo, i livelli di attività fisica sono scesi da una media giornaliera di poco più di quattro ore a 2,5 ore tra i cinque e gli 11 anni. La quantità giornaliera di attività fisica svolta all’età di 11 anni è stata associata a un rischio inferiore del 12 per cento di soffrire di disturbi mentali prima dei 18 anni per ogni ora aggiuntiva di attività fisica. Sono tuttavia emerse differenze di genere. In particolare, l’attività fisica è stata associata a un rischio inferiore del 30 per cento di qualsiasi malattia mentale tra i ragazzi all’età di 11 anni, ma non tra le controparti femminili. Il rischio di depressione era più basso del 18 e del 29 per cento rispettivamente tra le ragazze e i ragazzi a 11 anni. Le probabilità di ansia diminuivano del 21 per cento e del 39 per cento nei maschi a cinque e 11 anni, ma non sono stati osservati effetti simili nelle femmine. Anche le chance di sviluppare dipendenza erano inferiore del 34 e del 35 per cento nei maschi di otto e 11 anni, mentre non sembravano rilevanti per le controparti femminili. Il tempo trascorso all’aria aperta non è risultato influente, ma la partecipazione ad attività sportive organizzate all’età di 11 anni è stata fortemente associata a minori rischi di insorgenza di un disturbo di salute mentale. “L’attività fisica – scrivono gli autori – può influenzare ragazzi e ragazze in modi diversi, diretti e indiretti. Potrebbero esistere differenze nelle conseguenze fisiologiche e nelle esperienze psicologiche collegate al genere e alle norme culturali”. Data la natura osservazionale del lavoro, commentano gli esperti, non è possibile stabilire un nesso di causa-effetto. Inoltre, gli scienziati evidenziano che i dati erano basati sui ricordi e i report forniti dai genitori. “I nostri risultati – conclude Lundgren – supportano l’ipotesi che la pubertà rappresenti un periodo sensibile fondamentale per lo sviluppo della resilienza e della resistenza. Visto il drammatico aumento della prevalenza globale di disturbi psichiatrici tra bambini e adolescenti, questa indagine sottolinea l’importanza di promuovere l’attività fisica e gli sport organizzati”.(30Science.com)
Valentina Di Paola
Attività fisica nei bambini riduce rischio di malattie mentali
(14 Maggio 2025)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).