Lucrezia Parpaglioni

Declino cognitivo, ecco le piante tradizionali indiane approvate dalla scienza

(28 Maggio 2025)

Roma – Alcune piante medicinali provenienti dal subcontinente indiano si sono dimostrate efficaci nel contrastare la perdita di memoria, con implicazioni per la prevenzione di patologie che comportano il declino cognitivo, come la malattia di Alzheimer. Lo rivela uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Fawad Alam-Siddiqui, del Kentucky College of Osteopathic Medicine dell’Università di Pikeville, negli USA, pubblicato sulla rivista Future Integrative Medicine. Gli scienziati hanno analizzato l’uso tradizionale e le evidenze scientifiche riguardanti 13 piante medicinali dell’Asia meridionale impiegate per migliorare la memoria e contrastare il declino cognitivo. Gli autori hanno adottato un approccio in due fasi: una prima indagine testuale su testi regionali ha identificato le erbe tradizionalmente utilizzate, tra cui Acorus calamus, Celastrus paniculatus, Withania somnifera, Ashwagandha, e Zingiber officinale, zenzero. Successivamente, una revisione della letteratura scientifica, tramite database come PubMed e Google Scholar, ha permesso di raccogliere prove sperimentali a sostegno delle proprietà cognitive di queste piante. I meccanismi d’azione individuati includono l’inibizione degli enzimi acetilcolinesterasi, AChE, e butirrilcolinesterasi, BuChE, fondamentali nella degradazione dell’acetilcolina, neurotrasmettitore chiave per la memoria, analogamente a farmaci approvati per la malattia di Alzheimer. Alcune piante, come Celastrus paniculatus e Zingiber officinale, modulano i recettori NMDA, simili all’azione della memantina. Inoltre, molte erbe mostrano effetti antiossidanti e antinfiammatori, contrastando lo stress ossidativo e l’infiammazione cronica responsabili della neurodegenerazione. Diverse piante, tra cui Acorus calamus, Withania somnifera e Salvia officinalis, combinano più di questi meccanismi, aumentando il loro potenziale terapeutico. Per quanto riguarda le evidenze cliniche sull’uomo, tre piante sono state studiate in trial controllati: Panax ginseng ha migliorato memoria e funzioni cognitive in anziani dopo 12 settimane di trattamento senza effetti collaterali rilevanti; Salvia officinalis ha mostrato miglioramenti nella memoria di lavoro e nell’attenzione in studi randomizzati in doppio cieco; Withania somnifera ha evidenziato benefici nell’attenzione, funzione esecutiva, qualità del sonno e benessere psicologico. Lo studio riconosce alcune limitazioni, come la dipendenza da testi regionali senza indagini sul campo e un focus limitato all’Asia meridionale, suggerendo la necessità di studi etnobotanici più ampi e analisi chimiche dettagliate per identificare i composti attivi. In conclusione, questa revisione sottolinea il valore delle piante medicinali tradizionali dell’Asia meridionale come risorsa promettente per la gestione della perdita di memoria e del declino cognitivo, in particolare nella malattia di Alzheimer, integrando la saggezza culturale con evidenze scientifiche moderne per sviluppare trattamenti più efficaci e accessibili.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.