Gianmarco Pondrano d'Altavilla

I dazi danneggiano le diete sostenibili

(19 Maggio 2025)

Roma – La diffusione di politiche commerciali mercantilistiche connotate da alte barriere daziarie rischia di compromettere la capacità delle persone di consumare diete sane ed ecologicamente sostenibili in tutto il mondo. È quanto emerge da uno studio guidato dall’Università di Gottinga, Germania, e pubblicato su Nature Food. I ricercatori hanno valutato sette gruppi alimentari che fanno parte della dieta ecosostenibile “Livewell” del World Wildlife Fund. Solo un paese su sette dei 186 studiati raggiunge l’autosufficienza in cinque o più di questi gruppi alimentari essenziali, la maggior parte dei quali in Europa e Sud America. Questa mancanza di autosufficienza è stata particolarmente evidente nei Caraibi, nell’Africa occidentale e negli Stati del Golfo. Sei paesi, principalmente in Medio Oriente, non producono quantità sufficienti neanche di un singolo gruppo alimentare per il proprio fabbisogno. In particolare, solo la Guyana ha raggiunto la completa autosufficienza in tutti e sette i gruppi alimentari, mentre Cina e Vietnam ci arrivano quasi, raggiungendone sei. Esistono discrepanze significative per quanto riguarda l’autosufficienza di carne e latticini. Ad esempio, mentre diversi paesi europei producono ben oltre il loro fabbisogno, la produzione interna nei paesi africani è molto bassa. La Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, produce solo circa il 15 per cento del suo fabbisogno di carne. L’analisi rivela carenze di proteine vegetali ad alto contenuto di nutrienti in tutto il mondo: meno della metà dei paesi soddisfa il proprio fabbisogno interno di legumi (ad esempio, fagioli e piselli) o di frutta secca e semi, mentre solo un quarto lo fa per le verdure. Lo studio evidenzia inoltre che alcuni paesi hanno una bassa produzione e contemporaneamente dipendono quasi esclusivamente da un unico partner commerciale per oltre la metà delle loro importazioni, aggravando la loro vulnerabilità. Questo modello è particolarmente pronunciato nei paesi più piccoli, compresi gli stati insulari. Analogamente, molti paesi dell’America centrale e dei Caraibi dipendono dagli Stati Uniti per la maggior parte delle loro importazioni di alimenti amidacei di base – ad esempio grano e mais – e diversi paesi europei e dell’Asia centrale dipendono da un unico partner per legumi, frutta a guscio e semi. “Il commercio e la cooperazione alimentare internazionale sono essenziali per un’alimentazione sana e sostenibile. Tuttavia, una forte dipendenza dalle importazioni da singoli paesi può rendere le nazioni vulnerabili”, afferma Jonas Stehl, ricercatore presso l’Università di Gottinga e primo autore dello studio. “Costruire filiere alimentari resilienti è fondamentale per garantire la salute pubblica”.(30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla