Roma – Un terzo dei progetti per il ripristino delle barriere coralline, devastate dal cambiamento climatico, va incontro a un fallimento. E’ quanto emerge da un nuovo studio guidato dal Centro comune di ricerca dell’Unione europea e pubblicato su Nature Ecology & Evolution. I risultati degli autori mostrano che tra i principali ostacoli all’efficacia degli interventi figurano la piccola scala dei programmi di ripristino, gli elevati costi per ettaro e la tendenza a ripristinare barriere coralline già compromesse, altamente vulnerabili a futuri stress termici. “La maggior parte dei progetti – spiega Corey Bradshaw della Flinders University in Australia, coautore della ricerca – opera solo su diverse centinaia o poche migliaia di metri quadrati. Rispetto alla perdita e al degrado del 14 per cento delle barriere coralline tra il 2009 e il 2018, pari a quasi 12.000 chilometri quadrati, siamo ben lontani dall’entità del ripristino necessario per compensare le perdite dovute al cambiamento climatico” . Questa combinazione di fattori avversi, unita al fatto che gli sforzi di conservazione possono concentrarsi su siti che non hanno le maggiori probabilità di successo, fa sì che oltre un terzo dei progetti fallisca. I ricercatori affermano che i fallimenti del ripristino possono essere dovuti a molteplici cause, tra cui una pianificazione inadeguata, tecnologie non collaudate, un monitoraggio insufficiente e le conseguenti ondate di calore. “Sebbene il ripristino dei coralli – conclude Bradshaw – possa rivelarsi uno strumento prezioso in determinate circostanze, la nostra ricerca dimostra chiaramente che non è ancora possibile, e potrebbe non esserlo mai, estenderlo a sufficienza per ottenere effetti significativi, positivi e a lungo termine sugli ecosistemi delle barriere coralline”.(30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla
Un terzo dei progetti di ripristino delle barriere coralline falliscono
(10 Aprile 2025)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla