Roma– Il restringimento del Mar Caspio rischia di compromettere la biodiversità, con le foche in via di estinzione, le comunità costiere e l’industria. Lo rivela uno studio guidato da Simon Goodman, della Facoltà di Biologia dell’Università di Leeds, pubblicato su Communications Earth & Environment. La ricerca evidenzia l’urgenza di interventi per mitigare gli effetti. I ricercatori hanno analizzato le conseguenze ecologiche, sociali ed economiche di questo fenomeno, con implicazioni globali. Il Mar Caspio, il più grande bacino d’acqua chiuso al mondo, sta affrontando un drastico abbassamento dei livelli idrici a causa dell’evaporazione accelerata dal riscaldamento globale. Anche in uno scenario ottimistico con un aumento delle temperature limitato a 2 °C, si prevede un calo del livello dell’acqua tra i 5 e i 10 metri entro il 2100. In uno scenario pessimistico, il livello potrebbe scendere fino a 21 metri. Questo comporterebbe la perdita di circa 112.000 km² di superficie marina, un’area più grande dell’Islanda. La biodiversità della regione è particolarmente vulnerabile. Il Mar Caspio ospita specie endemiche come la foca del Caspio, già classificata come in pericolo dall’IUCN, e sei specie di storione minacciate dalla pesca eccessiva per la produzione di caviale. Lo studio prevede che un calo di soli 5 metri ridurrebbe l’habitat riproduttivo delle foche fino all’81%, compromettendo ulteriormente una popolazione già fragile. Inoltre, lagune costiere e canneti cruciali per uccelli migratori e altre specie ittiche rischiano di scomparire. Oltre 15 milioni di persone vivono lungo le coste del Mar Caspio, dipendendo da esso per pesca, navigazione e commercio. L’abbassamento dei livelli idrici potrebbe avere conseguenze devastanti per le infrastrutture umane: porti come quelli di Baku, Azerbaigian, Anzali, Iran, e Aktau, Kazakistan, potrebbero trovarsi a chilometri dalla nuova linea costiera. Nel caso del porto russo di Lagan, la distanza potrebbe aumentare fino a 115 km. Anche le attività industriali sono a rischio: i giacimenti petroliferi offshore del Kazakistan e della Russia potrebbero diventare inaccessibili con un abbassamento dei livelli tra i 5 e i 15 metri. Inoltre, il fondale marino esposto potrebbe rilasciare polveri contenenti contaminanti industriali e sale, rappresentando una grave minaccia per la salute umana, come già osservato nel caso del prosciugamento del Mar d’Aral. I ricercatori sottolineano la necessità di una pianificazione coordinata e interventi urgenti per affrontare queste sfide. Tra le raccomandazioni principali vi è la creazione di aree protette con confini flessibili per adattarsi ai cambiamenti ambientali, un supporto alle comunità costiere nella diversificazione economica, il monitoraggio continuo degli ecosistemi in evoluzione e la riduzione globale delle emissioni di gas serra. “Nonostante il calo dei livelli sembri inevitabile, esiste ancora una finestra temporale per proteggere la biodiversità e salvaguardare il benessere umano”, ha detto Goodman. “Tuttavia, è essenziale agire immediatamente viste le sfide politiche e logistiche che ciò comporta”, ha aggiunto Goodman. Lo studio rappresenta un appello alla cooperazione internazionale per mitigare gli impatti previsti e garantire un futuro sostenibile per l’intera regione del Mar Caspio. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Il declino del Mar Caspio minaccia foche, comunità costiere e industria
(10 Aprile 2025)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.