Valentina Arcovio

I cani e i gatti brachicefali sono più simili tra loro che ai rispettivi antenati

(28 Aprile 2025)

Roma – Le specie di cani e gatti con il muso schiacciato, o brachicefali, presentano tratti evolutivi più simili tra loro che ai rispettivi antenati, probabilmente a causa delle pressioni selettive a cui sono state sottoposte dall’uomo. A questa curiosa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati della Cornell University e della Washington University. Il team, guidato da Abby Drake e Jonathan Losos, ha analizzato un totale di 47 punti di riferimento tridimensionali su 1.810 crani di cani, gatti, gatti selvatici. Tra gli animali considerati, il Felis catus, il Canis familiaris, il Felis silvestris, il Canis lupus e altri membri delle famiglie Felidae e Canidae e dell’ordine Carnivora. Stando a quanto emerge dall’indagine, le forme del cranio dei nostri amici a quattro zampe si sono diversificate significativamente durante la domesticazione, eguagliando o superando la diversità osservata in tutti i membri selvatici delle rispettive famiglie. Gli autori hanno anche documentato molteplici casi di evoluzione convergente tra razze di cani e gatti con il muso estremamente corto, tra cui gatti persiani e carlini, che ora sono più simili tra loro che ai rispettivi antenati, il gatto selvatico e il lupo. Attraverso l’allevamento intensivo, gli esseri umani hanno spinto razze come i carlini e i gatti persiani a evolversi con crani molto simili e musi “schiacciati”, tanto da essere più simili tra loro di quanto non lo siano alla maggior parte degli altri cani o gatti. Questo fenomeno non era mai stato osservato in precedenza nelle specie domestiche, sostengono gli autori. “I gatti persiani, i carlini e i pechinesi – afferma Drake – sono caratterizzati da una forma del cranio molto simile tra loro, con musi piatti e corti, e palati inclinati verso l’alto allo stesso modo. Lo stesso schema di convergenza si è verificato più volte all’interno di ciascuna specie. Nei cani, lo abbiamo osservato nelle razze di bulldog, e separatamente in razze canine asiatiche come il pechinese e lo shih tzu. Nei gatti, gli stessi tratti si possono osservare nelle razze persiana, himalayana e birmana”. Quando la convergenza avviene attraverso la selezione naturale, spiegano gli esperti, generalmente si manifesta un tratto positivo. Nel caso delle specie domestiche, il cambiamento avviene così rapidamente da offrire spunti di riflessione sui processi evolutivi. Le informazioni utilizzate dal team sono state acquisite da istituzioni veterinarie, collezioni museali e MorphoSource, un archivio digitale di storia naturale. “Gli esseri umani – commenta Drake – hanno applicato le stesse pressioni selettive, per cui specie di animali evolutivamente distanti sono arrivati a manifestare tratti simili. È curioso notare che i cani presentano una delle più notevoli diversità all’interno dell’ordine dei carnivori. Le varie differenziazioni sono avvenute in periodi di tempo relativamente brevi”. “Purtroppo – conclude – nel corso di questo processo di selezione abbiamo spinto le razze brachicefale a livelli così estremi che sono soggette a una serie di problemi, tanto che non sopravvivrebbero in natura”. (30Science.com)

Valentina Arcovio