Lucrezia Parpaglioni

Svelati i meccanismi paralleli dell’apprendimento cerebrale

(17 Aprile 2025)

Roma – I neuroni applicano regole multiple di plasticità sinaptica in parallelo, a seconda della regione subcellulare. Lo rivela uno studio guidato da William “Jake” Wright, Nathan Hedrick e Takaki Komiyama, dell’Università della California, San Diego, pubblicato su Science. La scoperta ridefinisce il concetto di “problema dell’assegnazione dei crediti” nel cervello, con implicazioni per l’intelligenza artificiale e la comprensione di disturbi neurologici. Utilizzando l’imaging a due fotoni su topi, i ricercatori hanno monitorato in tempo reale l’attività di singole sinapsi durante l’apprendimento. L’ imaging ad alta risoluzione ha permesso il tracciamento simultaneo di input e output neuronali nella corteccia cerebrale, con visualizzazione delle variazioni sinaptiche a livello subcellulare. I ricercatori hanno monitorato i topi impegnati in compiti di apprendimento, mentre loro registravano l’attività di dendriti e assoni tramite microscopia avanzata. I ricercatori hanno monitorato simultaneamente l’input sinaptico tramite il rilascio di glutammato e l’output neuronale tramite l’attività del calcio, scoprendo che i diversi compartimenti dendritici di un singolo neurone applicano regole di plasticità differenti. Nei dendriti apicali, la plasticità è guidata dalle interazioni locali tra sinapsi vicine, con un rafforzamento sinaptico quando le sinapsi sono coattive. Nei dendriti basali, invece, la plasticità dipende dall’output globale del neurone, rafforzandosi o indebolendosi in base all’allineamento dell’attività sinaptica con il potenziale d’azione globale. La soppressione dell’attività neuronale comprometteva la plasticità solo nei dendriti basali, non in quelli apicali. Secondo i risultati, le sinapsi non seguono un’unica regola di rafforzamento/indebolimento, ma mostrano dinamiche differenziate in base alla loro posizione nel neurone. I neuroni gestiscono informazioni attraverso compartimenti indipendenti, ottimizzando l’adattamento ai nuovi stimoli. L’adozione di regole multiple di plasticità in reti neurali artificiali potrebbe migliorarne l’efficienza, emulando la flessibilità cerebrale. I dati suggeriscono che il cervello risolve il dilemma “chi merita il credito?” attraverso meccanismi distribuiti, non centralizzati. Disfunzioni in questi processi potrebbero spiegare deficit nell’autismo, nel PTSD e nella dipendenza, aprendo a terapie mirate. In futuro, i ricercatori intendono, attraverso la mappatura 3D, integrare tecniche come quelle di Longzhi Tan, dell’Università di Stanford, per analizzare l’architettura genomica durante la plasticità e sviluppare modelli computazionali attraverso collaborazioni con esperti di IA per tradurre le scoperte in algoritmi bioispirati. I risultati offrono una nuova prospettiva sul modo in cui il cervello apprende e si adatta, suggerendo che i neuroni non seguano una singola regola di plasticità, ma diverse strategie a seconda del compartimento dendritico. Lo studio contribuisce a una comprensione più fine della plasticità sinaptica e del rimodellamento neurale durante l’apprendimento comportamentale, con implicazioni per la neurobiologia dell’adattamento e della memoria, oltre che per i disturbi con base sinaptica, dalla malattia di Alzheimer ai disturbi dello sviluppo; inoltre, ridefinisce i principi di progettazione delle reti neurali artificiali.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.