Lucrezia Parpaglioni

Nuovo modello IA migliora la diagnosi della SM

(29 Aprile 2025)

Roma – Un nuovo modello d’intelligenza artificiale ha identificato la transizione alla sclerosi multipla secondariamente progressiva in modo efficace e prima di quanto documentato nella cartella clinica del paziente in quasi l’87% dei casi, con una precisione complessiva di circa il 90%. Lo dimostra un nuovo studio guidato da Kim Kultima, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Uppsala, pubblicato sulla rivista Digital Medicine. La sclerosi multipla, SM, è una malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale. In Svezia, circa 22.000 persone convivono con la SM. La maggior parte dei pazienti esordisce con la forma recidivante-remittente, SMRR, caratterizzata da episodi di peggioramento intervallati da periodi di stabilità. Col tempo, molte persone passano alla SM secondariamente progressiva, SMSP, in cui i sintomi peggiorano costantemente, senza interruzioni evidenti. Identificare questa transizione è importante perché le due diverse forme di SM richiedono trattamenti diversi. Attualmente, la diagnosi viene formulata in media tre anni dopo l’inizio della transizione, il che può portare i pazienti a ricevere farmaci che non sono più efficaci. Il nuovo modello di intelligenza artificiale riassume i dati clinici di oltre 22.000 pazienti registrati nel Registro Svedese della SM. Il modello si basa su dati già raccolti durante visite mediche regolari, come esami neurologici, risonanze magnetiche, RM, e trattamenti in corso. “Riconoscendo gli schemi dei pazienti precedenti, il modello può determinare se un paziente presenta la forma recidivante-remittente o se la malattia è passata alla sclerosi multipla secondariamente progressiva”, ha spegato Kultima. “Ciò che rende unico il modello è che indica anche il suo livello di affidabilità in ogni singola valutazione”, ha continuato Kultima. “Ciò significa che il medico saprà quanto è affidabile la conclusione e quanto è sicura l’IA nella sua valutazione”, ha aggiunto Kultima. “Per i pazienti, questo significa che la diagnosi può essere effettuata in anticipo, il che consente di adattare tempestivamente il trattamento e rallentare la progressione della malattia”, ha evidenziato Kultima. “Ciò riduce anche il rischio che i pazienti ricevano farmaci non più efficaci”, ha precisato Kultima. “A lungo termine, il modello potrebbe anche essere utilizzato per identificare i partecipanti idonei per gli studi clinici, contribuendo a strategie di trattamento più efficaci e personalizzate”, ha concluso Kultima. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.