Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Una singola molecola rivoluzionaria aumenta efficienza e durata dei pannelli solari

(28 Aprile 2025)

Roma – L’integrazione di una rivoluzionaria molecola sintetica nel design delle celle dei pannelli solari in perovskite ne aumenta notevolmente l’efficienza energetica e la longevità. È quanto emerge da uno studio guidato dal National Renewable Energy Laboratory, USA e pubblicato su Science. La molecola, denominata CPMAC, è un sale ionico sintetizzato dal buckministerfullerene, un solido nero composto da atomi di carbonio noto come C60. Le celle solari in perovskite sono tipicamente realizzate con C60, che ha contribuito a raggiungere un’efficienza energetica record. Nonostante questi risultati, il C60 limita anche le prestazioni e la stabilità delle celle solari, portando gli scienziati a esplorare materiali alternativi. “Per oltre un decennio – ha spiegato il Professor Osman Bakr, coautore dello studio – il C60 è stato un componente fondamentale nello sviluppo delle celle solari a perovskite. Tuttavia, le interazioni deboli all’interfaccia perovskite/C60 portano a una degradazione meccanica che compromette la stabilità a lungo termine delle celle solari. Per superare questa limitazione, abbiamo progettato un sale ionico derivato dal C60, il CPMAC, per migliorare significativamente la stabilità delle celle solari a perovskite”. La chimica del CPMAC ha migliorato le proprietà elettroniche delle celle solari. Le celle con CPMAC presentavano un’efficienza di conversione di potenza – un parametro standard utilizzato per valutare l’efficienza energetica delle celle solari – superiore dello 0,6 per cento rispetto alle celle solari realizzate con C60. Se una centrale elettrica media produce 1 gigaWatt di potenza, una differenza inferiore all’1 per cento sarebbe comunque sufficiente ad alimentare 5.000 abitazioni in più. Inoltre, le celle solari CPMAC hanno mostrato un calo nell’efficienza di conversione della potenza pari a un terzo rispetto alle celle solari C60 quando i due tipi sono stati esposti a temperature elevate con umidità diverse per oltre 2.000 ore, un parametro di riferimento per testare la stabilità delle celle solari. La differenza tra i due tipi è diventata più evidente quando le celle sono state assemblate in moduli composti da quattro celle solari, un modello semplificato di pannello solare, che in genere è composto da un numero di celle compreso tra 50 e 100. Questi vantaggi sono stati attribuiti al fatto che il CPMAC ha ridotto i difetti in un componente chiave della cella solare noto come strato di trasferimento di elettroni, creando legami ionici con la perovskite anziché i più deboli legami van der Waals creati con C60.(30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla