Roma – Un insieme di fattori di crescita potrebbe estendere il periodo di intervento per il trattamento contro l’antrace, una malattia infettiva acuta causata dal batterio Bacillus anthracis. Questo incoraggiante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Microbiology, condotto dagli scienziati dell’Università di Pittsburgh. Il team, guidato da Shihui Liu, ha utilizzato un modello murino per valutare l’efficacia di un nuovo cocktail di fattori di crescita nell’invertire la progressione della malattia. L’antrace, spiegano gli esperti, anche nota come carbonchio, provoca sintomi come edemi, pustole, vesciche infette, difficoltà di respiro, dolore al torace e all’addome e diarrea emorragica. Generalmente curabile nelle sue fasi iniziali, è associata a un punto di non ritorno, che si verifica dopo pochi giorni dai primi sintomi, oltre il quale il tasso di sopravvivenza per i pazienti risulta praticamente nullo. “Sebbene si verifichino pochissimi decessi di antrace nel mondo occidentale – afferma Liu – c’è sempre la preoccupazione che il batterio possa essere rilasciato su larga scala come arma biologica. I primi sintomi sono aspecifici e piuttosto simili all’influenza, quindi la malattia viene spesso considerata quando è troppo tardi. Ecco perché è così importante individuare nuovi approcci per trattare il carbonchio anche in fasi avanzate”. Il B. anthracis entra nell’organismo tramite inalazione, ingestione, iniezione o contatto con la pelle, e produce due proteine che si combinano formando una tossina letale. Inizialmente, la malattia può essere trattata con antibiotici, ma una volta all’interno delle cellule, la tossina inattiva i membri di un gruppo di enzimi noti come MEK, provocando danni cellulari, tissutali e organici diffusi. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la mortalità dell’antrace varia in base alle modalità di contagio. Nell’ambito dell’indagine i ricercatori hanno individuato un insieme di fattori di crescita che permetteva un periodo di sopravvivenza maggiore per i topolini infetti. “Dato che la tossina rompe le proteine MEK – riporta Liu – pensavamo che questo danno cellulare fosse irreversibile. Siamo rimasti molto sorpresi nello scoprire che specifici fattori di crescita erano in grado di riattivare il percorso e salvare la cellula”. “Diversi tipi di cellule – conclude – potrebbero richiedere vari fattori di crescita per riattivare il percorso. Stiamo quindi lavorando per ottimizzare un trattamento per l’antrace che sia efficace negli esseri umani”. (30Science.com)
Valentina Di Paola
Nuovo approccio promettente contro l’antrace
(1 Aprile 2025)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).