Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Una distribuzione equa della ricchezza è dannosa per il clima

(5 Marzo 2025)

Roma – I paesi con grandi disparità economiche e politiche hanno emissioni inferiori rispetto ai paesi più democratici, dove ricchezza e potere sono distribuiti più equamente. È quanto sostiene in uno studio recentemente pubblicato su World Development, il sociologo Indra de Soysa dell’Università norvegese di scienza e tecnologia. “Alcune persone – afferma de Soysa – sostengono che una ricca élite al potere ostacoli l’azione per il clima e che le democrazie possano implementare più facilmente misure come il divieto di emissioni o l’aumento delle tasse”. In realtà, continua lo studioso: “Se ai poveri vengono date condizioni migliori, il consumo totale aumenta. Di conseguenza, aumentano anche le emissioni”. Inoltre i paesi con le maggiori disuguaglianze sono anche più abili nell’implementare tecnologie energetiche più ecologiche. Per giungere alle proprie conclusioni de Soysa ha analizzato i dati di circa 170 paesi tra il 1990 e il 2020, in particolar modo analizzando i dati climatici della Banca Mondiale. Ne è e emerso che nei paesi meno democratici, spesso ci sono solo pochi individui ricchi, che tendono a essere estremamente ricchi e a detenere quasi tutto il potere. I paesi più democratici sono generalmente più bravi a generare più ricchezza complessiva, anche se questa ricchezza è distribuita in modo più uniforme tra una porzione più ampia della popolazione. Le società democratiche hanno quindi più ricchezza in totale, e questo non è particolarmente positivo per il clima. L’aumento delle emissioni di carbonio è strettamente correlato al consumo totale di una società. “L’aumento del reddito pro capite in un paese è chiaramente e inequivocabilmente collegato a maggiori emissioni di carbonio – continua de Soysa – Più soldi ha una società, più contribuisce alle emissioni di carbonio. Più soldi portano automaticamente a un aumento dei consumi.” Per risolvere il dilemma tra sviluppo ed eguaglianza da un lato e salvaguardia della ambiente dall’altro, lo studioso ritiene che non vi sia altra scelta che spingere il più possibile sullo sviluppo tecnologico, in grado di ridurre il carico ambientale a parità di consumi. “A parte la riduzione dei consumi – conclude – che può verificarsi a causa di guerre, pandemie, crolli del mercato azionario e così via, i cambiamenti tecnologici sono l’unica soluzione che vedo”. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla