Valentina Di Paola

Le api hanno bisogno di 75 anni per ripristinare il territorio

(13 Marzo 2025)

Roma – Le praterie recuperate necessitano di oltre 75 anni di gestione continua per riacquistare la loro biodiversità, perché gli impollinatori specializzati hanno bisogno di tempi lunghi per ripopolare gli ambienti. A stimarlo uno studio, pubblicato sul Journal of Applied Ecology, condotto dagli scienziati della Kobe University. Il team, guidato da Ushimaru Atushi, ha valutato le tempistiche necessarie affinché gli impollinatori ripristino la biodiversità. Le praterie in tutto il mondo, spiegano gli esperti, stanno rapidamente scomparendo a causa della conversione dell’uso del suolo e dell’abbandono, portando a una perdita ben documentata di biodiversità delle praterie. Recuperare questi ecosistemi rimuovendo la vegetazione legnosa e riprendendo le pratiche tradizionali di gestione del territorio sarebbe estremamente positivo per la biodiversità. Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno valutato quali insetti sono in grado di impollinare determinate piante e con quale tasso di successo, considerando praterie di varia tipologia, da quelle recentemente recuperate a quelle abbandonate da almeno 300 anni. Gli autori si sono concentrati sulle piste da sci nella prefettura di Nagano. Tali ambienti, spiegano gli autori, permettono di esaminare le praterie ripristinate con durate di gestione molto diverse, all’interno di un’area relativamente piccola, e rappresentano pertanto un ottimo sito di studio. Stando a quanto emerge dal lavoro, sono necessari 75 anni di gestione continua perché la diversità delle piante nelle praterie ripristinate raggiunga finalmente livelli paragonabili alle praterie antiche. Anche dopo questo intervallo, gli impollinatori sarebbero ancora poco specializzati, ma sarebbero in grado di garantire un buon livello di ripristino degli ecosistemi. “Una volta perse le antiche praterie – commenta Hirayama – il loro recupero richiede molto tempo. Ciò non dipende da una minore diversità di impollinatori, ma dalla loro tipologia. Se, infatti, nelle vecchie praterie, questi animali (principalmente api e farfalle) tendono a trasportare il polline in modo specifico e più accurato, nelle zone ripristinate si trovano prevalentemente mosche e sirfidi, che si muovono verso specie diverse. Ciò non garantisce il raggiungimento della specie vegetale corretta”. “Questo lavoro – conclude Ushimaru – evidenzia l’importanza di considerare le comunità di impollinatori per gli sforzi mirati alla conservazione delle piante di prateria minacciate. In aggiunta, i nostri risultati suggeriscono che il mantenimento delle praterie non dovrebbe essere lasciato solo alla natura, ma potrebbe richiedere un coinvolgimento umano attivo, ad esempio selezionando piante e semi da coltivare in determinate aree”. (30Science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).