Lucrezia Parpaglioni

Avvoltoio dei Colli Albani conserva minuscoli dettagli di tessuti animale

(20 Marzo 2025)

Roma – L’analisi di un fossile di avvoltoio risalente a 30.000 anni fa, rinvenuto nell’Italia centrale, ha rivelato per la prima volta che la roccia vulcanica può preservare dettagli microscopici nelle piume: si tratta del primo caso di conservazione del genere. La scoperta si deve a una squadra internazionale guidata dal Valentina Rossi, dell’University College Cork, in Irlanda, pubblicata sulla rivista scientifica Geology. La squadra di scienziati ha individuato una nuova modalità di conservazione dei tessuti molli che può verificarsi quando gli animali vengono sepolti in sedimenti vulcanici ricchi di cenere. La nuova ricerca dimostra che le piume vengono conservate in una fase minerale, chiamata zeolite, una modalità di conservazione dei tessuti molli mai segnalata prima. L’avvoltoio fossile è stato rinvenuto nel 1889 nei pressi di Roma da un proprietario terriero locale. L’intero corpo era conservato come un’impressione tridimensionale, con dettagli raffinati come le palpebre e le penne delle ali. La nuova ricerca mostra che la conservazione delle piume si estende alle minuscole strutture microscopiche dei pigmenti delle piume.

Una piuma fossilizzata conservata insieme alla roccia vulcanica.
Credito
Edoardo Terranova

“Le piume fossili sono solitamente conservate in antiche rocce fangose ​​depositate in laghi o lagune, ma l’avvoltoio fossile è conservato in depositi di cenere, il che è estremamente insolito”, ha detto Rossi. “Quando abbiamo analizzato il piumaggio dell’avvoltoio fossile, ci siamo trovati in territorio inesplorato; queste piume non sono per niente come quelle che vediamo di solito in altri fossili”, ha continuato Rossi. Analizzando piccoli campioni di piume fossili tramite microscopi elettronici e test chimici, la squadra di scienziati ha scoperto che le piume sono conservate nel minerale zeolite, una modalità di conservazione dei fossili mai segnalata prima. “Le zeoliti sono minerali ricchi di silicio e alluminio e sono comuni in contesti geologici vulcanici e idrotermali” ha spiegato Rossi “le zeoliti possono formarsi come minerali primari o possono formarsi secondariamente, durante l’alterazione naturale del vetro vulcanico e della cenere, conferendo alla roccia un aspetto fangoso”, ha aggiunto Rossi. “L’alterazione della cenere dovuta al passaggio dell’acqua ha indotto la precipitazione di nanocristalli di zeoliti che, a loro volta, hanno replicato le piume fino al più piccolo dettaglio cellulare”, ha proseguito Rossi. “L’ottima conservazione delle strutture delle piume indica che la carcassa dell’avvoltoio è stata sepolta in un deposito piroclastico a bassa temperatura”, ha evidenziato Rossi “Siamo abituati a pensare che i depositi vulcanici siano associati a correnti piroclastiche calde e in rapido movimento che distruggeranno i tessuti molli; tuttavia, queste impostazioni geologiche sono complesse e possono includere depositi a bassa temperatura che possono preservare i tessuti molli a livello cellulare”, ha sottolineato Dawid A. Iurino, dell’Università di Milano e coordinatore dello studio. Secondo gli scienziati, la scoperta di una nuova modalità di conservazione dei tessuti molli potenzialmente specifica delle rocce vulcaniche indica che questi depositi possono contenere fossili straordinari e dovrebbero essere al centro di nuove ricerche.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.