Roma – Il trapianto di fegato dai maiali geneticamente modificati potrebbe rappresentare un approccio promettente per i pazienti in lista d’attesa di donatori. A questa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, condotto dagli scienziati della Fourth Military Medical University. Il team, guidato da Hai-Long Dong, Lin Wang, Ke-Feng Dou, ha valutato gli xenotrapianti da maiale a pazienti umani, considerando le potenzialità di questo approccio. Nello specifico, i ricercatori riportano l’operazione effettuata da un suino geneticamente modificato a un paziente a cui era stata diagnosticata la morte cerebrale. Attualmente, spiegano gli esperti, il trapianto di fegato rappresenta l’opzione più efficace per le malattie epatiche in fase terminale, ma la domanda di organi supera di gran lunga la disponibilità di donatori e le liste d’attesa sono molto lunghe. In quest’ottica, i maiali potrebbero essere considerati una fonte alternativa di organi grazie alle loro funzioni fisiologiche compatibili e alle dimensioni simili. I progressi nell’editing genetico hanno reso possibile modificare gli organi dei maiali per ridurre il rischio di rigetto e migliorare la compatibilità con i riceventi umani. Tuttavia, la complessità della funzione epatica rende difficile l’operazione. Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno valutato gli esiti di un trapianto da un maiale nano di Bama, a cui erano stati modificati sei geni, a un ricevente a cui era stata diagnosticata la morte cerebrale. Il comitato etico dell’ospedale ha supervisionato l’intera procedura. Le modifiche genetiche includevano la rimozione dei geni che mediano il rigetto e l’inserimento di transgeni umani per facilitare la compatibilità. Gli autori hanno monitorato la funzione dell’innesto, il flusso sanguigno e le risposte immunitarie e infiammatorie per un periodo di 10 giorni. Il fegato suino, riportano gli scienziati, ha prodotto bile e albumina, mantenendo un flusso sanguigno stabile. Le risposte immunitarie sono state controllate con immunosoppressori e non sono stati osservati segni di rigetto. Nonostante una temporanea alterazione dei livelli di enzimi epatici (AST e ALT), il fegato ha mantenuto una funzionalità accettabile. Nel complesso, i risultati suggeriscono che il fegato di maiale geneticamente modificato può sopravvivere nel corpo umano, fungendo potenzialmente da terapia ponte per i pazienti con insufficienza epatica in attesa di donatori umani. Come limiti principali del lavoro, gli scienziati evidenziano la durata limitata del periodo di osservazione e il fatto che sono state considerate solo le funzioni epatiche di base. Saranno pertanto necessari ulteriori approfondimenti, concludono gli scienziati, per valutare i risultati a lungo termine e l’intera gamma di funzioni epatiche, ma la ricerca sugli xenotrapianti potrebbe portare a trattamenti più efficaci per malattie epatiche terminali. (30Science.com)
Valentina Di Paola
Se i donatori di fegato scarseggiano, si possono usare i maiali
(26 Marzo 2025)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).