Roma – Due geni specifici agiscono in sinergia per regolare l’espansione del cervello umano: uno promuove la proliferazione delle cellule progenitrici cerebrali, mentre l’altro ne favorisce la differenziazione in neuroni. Lo rivela uno studio guidato da Nesil Eşiyok, del Deutsches Primatenzentrum, riportato su Science Advances. Il meccanismo interattivo, analizzato attraverso organoidi cerebrali di scimpanzé e modelli murini, spiega come l’evoluzione abbia ottimizzato la crescita cerebrale mantenendo un equilibrio tra produzione cellulare e complessità strutturale. Nel corso dell’evoluzione, l’interazione fra i due geni ha portato il cervello umano a essere unico per dimensioni e complessità. Le nuove intuizioni acquisite non solo forniscono una comprensione più approfondita dello sviluppo evolutivo del cervello umano, ma potrebbero anche aiutare a comprendere meglio come si verificano determinati disturbi dello sviluppo o malattie del cervello.

Organoide cerebrale di uno scimpanzé cresciuto in coltura per 14 giorni.
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Foto: Lidiia Tynianskaia
“Le nostre scoperte approfondiscono la comprensione fondamentale dello sviluppo del cervello e forniscono nuove intuizioni sulle origini evolutive del nostro grande cervello”, ha detto Eşiyok. “A lungo termine, potrebbero contribuire allo sviluppo di approcci terapeutici per le malformazioni del cervello”, ha affermato Eşiyok. Per lo studio sono stati combinati vari metodi. Oltre agli esperimenti sugli animali con i topi, sono stati utilizzati anche metodi alternativi come gli organoidi del cervello di scimpanzé. “La caratteristica notevole del nostro studio è che i risultati degli esperimenti sugli animali e i metodi alternativi si completano bene a vicenda e confermano reciprocamente le loro scoperte”, ha aggiunto Michael Heide, ricercatore principale dello studio. “Ciò non solo sottolinea l’elevata importanza dei nostri risultati, ma potrebbe anche aiutare a ridurre la necessità di esperimenti sugli animali in futuro sviluppando, perfezionando e confermando ulteriormente i metodi alternativi”, ha concluso Heide. (30Science.com)