Valentina Arcovio

La proteina PINK1 potrebbe essere collegata al Parkinson

(13 Marzo 2025)

Roma – Si chiama PINK1 e potrebbe essere una proteina direttamente collegata alla malattia di Parkinson, la seconda patologia neurodegenerativa più comune dopo l’Alzheimer. Lo suggerisce un lavoro del WEHI Parkinson’s Disease Research Centre, in Australia, pubblicato su Science, in cui i ricercatori sarebbero riusciti a determinare la prima struttura in assoluto della PINK1 umana, proteina che si lega mitocondri, quindi anche i meccanismi di adesione alla superficie dei mitocondri danneggiati e di attivazione. Tali informazioni potrebbero aiutare a sviluppare nuovi trattamenti per il Parkinson che attualmente non ha cura o comunque un farmaco per fermarne la progressione. Scoperto oltre 20 anni fa, il Parkinson è la malattia neurodegenerativa in più rapida crescita al mondo; molto insidiosa, richiede talvolta anni/decenni per la diagnosi. Oltre ai tremori, il tratto più comune, il Parkinson ha all’incirca una quarantina di altri sintomi tra cui deterioramento cognitivo, problemi di linguaggio, regolazione della temperatura corporea e problemi di vista. In Australia, oltre 200.000 persone vivono con il Parkinson e tra il 10% e il 20% ha la malattia di Parkinson ad esordio precoce, diagnosticati cioè prima dei cinquant’anni. Lo studio evidenzia il potenziale ruolo nella malattia dei mitocondri, gli organelli che producono energia a livello cellulare in tutti gli esseri viventi e che possono essere contenuti a centinaia o migliaia nelle cellule che richiedono molta energia. Il gene PARK6 codifica la proteina PINK1, la quale supporta la sopravvivenza cellulare rilevando i mitocondri danneggiati e contrassegnandoli per la rimozione. In una persona sana, quando i mitocondri sono danneggiati, PINK1 si accumulerebbe sulle membrane mitocondriali, segnalando tramite una piccola proteina, chiamata ubiquitina, quali di questi devono essere rimossi. Il segnale dell’ubiquitina PINK1 è esclusivo dei mitocondri danneggiati e quando PINK1 è mutato, i mitocondri danneggiati si accumulerebbero nelle cellule. Lo studio inoltre avrebbe rilevato che PINK1 funziona in quattro fasi distinte: rileverebbe dapprima il danno mitocondriale, quindi si attaccherebbe ai mitocondri danneggiati, etichetterebbe poi l’ubiquitina, che a sua volta si lega a una proteina chiamata Parkin in modo che i mitocondri danneggiati possano essere riciclati. Esisterebbero, inoltre, una notevole gamma di proteine che agiscono come sito di attracco per PINK1. Una delle caratteristiche distintive del Parkinson è la morte delle cellule cerebrali; circa 50 milioni di cellule muoiono e vengono sostituite nel corpo umano ogni minuto, ma a differenza di altre cellule del corpo, la velocità con cui quelle cerebrali vengono sostituite è estremamente lenta. Quando i mitocondri sono danneggiati, smettono di produrre energia e rilasciano tossine nella cellula. In una persona sana, le cellule danneggiate vengono eliminate secondo un processo chiamato mitofagia. In una persona con Parkinson e una mutazione PINK1 questo processo non funziona più correttamente e le tossine si accumulano nella cellula, uccidendola. Le cellule cerebrali hanno bisogno di molta energia e sono particolarmente sensibili a questo danno. (30Science.com)

Valentina Arcovio