Valentina Arcovio

I gatti possono offrire assistenza ai pazienti che soffrono di stress

(20 Marzo 2025)

Roma – I gatti possiedono tratti comportamentali adatti ai programmi di servizi assistiti dagli animali, AAS, che mirano a offrire sollievo dallo stress a studenti universitari, pazienti ospedalieri e a coloro che hanno bisogno di supporto emotivo. Lo rivela uno studio condotto da Patricia Pendry, dell’Università dello Stato di Washington, in collaborazione con ricercatori belgi, pubblicato sulla rivista Animals. Mentre i cani dominano gli AAS, i gatti potrebbero offrire un’alternativa per chi preferisce interazioni più tranquille. “L’obiettivo è riconoscere che alcuni gatti apprezzano questo tipo di interazione e, nel contesto giusto, possono fornire un supporto significativo”, ha detto Pendry. “C’è questa percezione che i gatti non siano adatti a questo tipo di lavoro, ma il nostro studio dimostra che alcuni gatti potrebbero prosperare in questi contesti”, ha aggiunto Pendry. “I gatti scelti per impegnarsi in AAS sembrano mostrare gli stessi tratti comportamentali dei cani da terapia, come un’elevata socievolezza e la volontà di interagire con le persone”. La ricerca, sottoposta a revisione paritaria, ha analizzato centinaia di casi in Belgio, identificando differenze chiave tra gatti impiegati in AAS e altri felini. I gatti AAS mostrano socievolezza elevata verso umani e altri gatti, tolleranza al maneggiamento, come ad esempio essere presi in braccio, e ricerca attiva di attenzioni. A differenza dei cani, non richiedono addestramento specifico, in quanto i tratti sono considerati innati o sviluppati attraverso l’esperienza. In Belgio, i gatti sono già utilizzati in programmi di riduzione dello stress, soprattutto in ambienti dove la presenza silenziosa dei felini è preferita all’energia canina. Negli Stati Uniti, invece, la pratica è ancora poco in uso, con campus e ospedali concentrati esclusivamente sui cani. Attualmente restano dubbi sull’impatto a lungo termine del lavoro terapeutico sui gatti. Secondo i ricercatori, vi è la necessità di studiare in futuro se i tratti sono innati o influenzati dall’ambiente, e come garantire il benessere dei felini in contesti assistenziali. L’obiettivo dello studio non è quello di promuovere all’improvviso i gatti nel lavoro terapeutico”, ha affermato Pendry. “Si tratta di riconoscere che alcuni gatti potrebbero davvero apprezzare questo tipo di interazione e, nel contesto giusto, potrebbero fornire un supporto significativo alle persone che ne hanno bisogno”, ha aggiunto Pendry. “Dopotutto – ha concluso Pendry – se c’è un animale che possa trasformare il semplice oziare e ricevere affetto in una vera e propria carriera, quello è proprio il gatto. (30Science.com)

Valentina Arcovio