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Avere una idea giusta non impedisce alla mente umana di esplorare nuovi approcci

(18 Febbraio 2025)

Roma – Avere individuato e appreso una strategia per portare a termine un compito con successo non limita l’esplorazione della mente umana di altre soluzioni. Al contrario, costituisce quasi un incentivo per un senso di responsabilità, o di sfida verso la vita o la sorte, o entrambe. Lo suggerisce uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT), pubblicato su Current Biology, secondo cui persone e animali condividono la propensione intrinseca a continuare ad aggiornare e modificare l’approccio a un compito già appreso, anche se la deviazione dalla strada vecchia verso la nuova potrebbe portate a un insuccesso o a errori inutili. Il comportamento esplorativo sembra essere dovuto a due fattori, spiegano i ricercatori: in primo luogo la vulnerabilità dei fatti e degli eventi, in quanto una società in continua evoluzione esige che vengono modificati di conseguenza i comportamenti per trovare strategia e sinergie ottimali per conseguire il risultato, in seguono luogo sperimentare vie alternative potrebbe portare alla scoperta di soluzioni ancora migliori di quelle precedentemente adottate. “Se l’obiettivo è massimizzare la ricompensa, non si dovrebbe mai deviare dalla soluzione perfetta una volta trovata, bensì continuare l’esplorazione”, ha affermato Mriganka Sur, professore presso il Picower Institute for Learning and Memory e il Dipartimento di scienze cognitive e del cervello al MIT. I ricercatori hanno indagato come gli umani e gli marmoset, il primate più piccolo al mondo simila a una scimmia, riescono a previsioni temporali degli eventi addestrandoli a vedere un’immagine su uno schermo per un certo lasso di tempo (il lasso di tempo variava da una prova all’altra entro un intervallo limitato), premendo poi semplicemente un pulsante (i marmoset toccavano un tablet mentre gli umani cliccavano con il mouse) quando l’immagine scompariva. Il successo era definito come la reazione più rapida possibile alla scomparsa dell’immagine senza premere il pulsante troppo presto. Sebbene i marmoset avessero avuto bisogno di più tempo di addestramento rispetto agli umani, tutti si sono adattati allo stesso schema di comportamento riguardo al compito da eseguire. Tutti avrebbero quindi un “modello di rischio” di previsione, coem è stato definito dai ricercatori, basato sull’intuizione che se una immagine può durare solo per un certo periodo, quanto più a lungo rimane visibile, tanto più è probabile che la scomparsa sia rapida. La modellazione matematica dei dati sui tempi di reazione ha permesso di osservare che i risultati conseguito dalla prima prova influenzavano scelte e comportamenti delle successive, anche una volta imparato il compito. Ad esempio avendo appreso che l’immagine sullo schermo spariva rapidamente tutti nell’esperimento successivo riducevano il tempo di reazione (presumibilmente aspettandosi di nuovo una durata dell’immagine più breve), di contro se l’immagine si fosse attardata, è presumibile che avrebbero aumentato il tempo di reazione (pensando di dover aspettare più a lungo). Questi risultati si aggiungono a quelli di uno studio simile condotto di ricercatori nel 2023 in cui era emerso che i marmoset, anche dopo aver appreso le regole di un diverso compito cognitivo, si discostavano arbitrariamente dalla strategia vincente. Queste evidenze potrebbero essere utili nello studio dell’autismo; le differenze nel fare previsioni all’interno del proprio ambiente sono considerate una caratteristica saliente dei disturbi dello spettro autistico.(30Science.com)

 

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