Roma – Studi sperimentali su topi, condotti presso la University of California Berkeley, Stati Uniti, sembrano dimostrare la potenziale capacità degli anticorpi di contrastare la perdita vascolare, cioè di plasma e altri liquidi, nella febbre emorragica della Crimea-Congo (CCHFV). Quest’ultima indotta da un agente virale (virus) molto virulento che attualmente non risponde a specifici trattamenti o vaccini. Ricercatori americani, come descrivono in un lavoro su Science Translational Medicine, sarebbero invece riusciti a caratterizzare una tossina sfruttata dal virus per danneggiare i tessuti, scoprendo di poter usare alcuni anticorpi per combattere le infezioni da CCHFV nei topi. Tale approccio se confermato da altri studi, potrebbe quindi rappresentare una nuova strategia terapeutica per questo virus mortale. Il CCHFV si diffonde attraverso le punture di zecca ed è endemico in tutte le regioni dell’Africa e dell’Asia; le infezioni possono causare gravi emorragie e insufficienza d’organo in quanto il virus danneggia le barriere endoteliali dell’organismo, causando gravi perdite di liquidi. Il virus CCHFV è stato incluso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella lista dei patogeni meritevoli di interventi prioritari sia per l’alta letalità sia per la mancanza di terapie approvate. Questo studio, durante una serie di esperimenti in cultura su cellule infette da CCHFV, sembra mostrare la capacità della proteina virale GP38 che viene rilasciata dalle stesse cellule infette di agire come una tossina virale in grado di interrompere l’integrità delle barriere endoteliali. Parallelamente l’esposizione alla sola GP38 innescava anche perdite vascolari nei topi, suggerendo che la proteina consente al virus di danneggiare le barriere endoteliali e quindi di diffondersi ad altri organi. Questo processo sarebbe stato interrotto da una terapia target, sul gene GP38, in grado di ridurre in topi infetti da CCHFV la disseminazione virale nei tessuti distanti e la gravità delle perdite vascolari. “I nostri risultati sottolineano l’importanza di includere GP38 nella progettazione del vaccino contro CCHFV e/o di altre terapie anti-CCHF mirate a GP38”, concludono i ricercatori. Un limite dello studio è rappresentato dall’avere considerato solo modelli di roditori, pertanto saranno necessari ulteriori studi con isolati virali più diversificati e animali di grandi dimensioni per confermare la validità di questo approccio terapeutico.(30Science.com)

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Una terapia con anticorpi efficace nella febbre emorragica Crimea-Congo
(20 Febbraio 2025)

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