Roma – Solo la “sorellanza” globale, cioè la definizione di affinità e patrimoni comuni, e la collaborazione internazionale possono aiutare capire gli aspetti che rendono un microbioma vaginale sano, in funzionale delle variabilità del microcosmo di batteri e lieviti che muta nel tempo. Lo sottolinea uno studio dell’Università di Anversa, in Belgio, pubblicato oggi su Cell Press Trends in Microbiology, che evidenza le criticità e scarse conoscenze sulle comunità microbiche e il ruolo nella salute della persona. Sono pochi gli studi condotti sul tema e in 9 casi su 10 includono partecipanti di un solo continente, con conseguenti gravi lacune geografiche nei dati. L’attuale studio dimostra come la “sorellanza” e la collaborazione internazionale possano aiutare a colmare le conoscenza sul microbioma vaginale, inclusi quali batteri sono utili o dannosi e se i microbiomi si differenziano nell’aspetto fra le varie popolazioni del mondo. “La salute delle donne è essenziale per il benessere sociale ed economico globale, ma le disparità sanitarie rimangono diffuse” scrivono i ricercatori. “Lo studio dell’organismo femminile e le conoscenze relative alla loro salute sono stati trascurati per secoli con le conseguenti disparità sanitarie che ancora rileviamo”. L’attuale studio è stato condotto nell’ambito dell’Isala Sisterhood, un approccio di ricerca orientato alla salute delle donne e dei microbiomi in tutto il mondo con l’intento di mappare specificatamente il microbiota vaginale. Originariamente lanciato in Belgio come Isala Project con oltre 6.000 partecipanti, tale progetto si è sviluppato fino a diventare una “sorellanza” che include microbiologi, operatori sanitari, organizzazioni governative e il pubblico, ramificandosi in Nord America, Sud America, Asia, Africa ed Europa. I risultati dell’Isala Sisterhood e di altre iniziative simili, portate avanti da quasi 100 anni di ricerca, fanno rilevare che esistono cinque diverse categorie di microbiota vaginale “sano”, definite in base alle specie batteriche più dominanti della vagina, tra cui Lactobacillus crispatus-dominante, Lactobacillus gasseri-dominante, Lactobacillus iners-dominante, Lactobacillus jensenii-dominante e una quinta categoria che include un mix di altre specie. Il progetto Isala ha inoltre scoperto che oltre il 10% della popolazione belga non rientra in queste categorie, suggerendo l’importanza di considerare l’intera complessità, intesa come continuità della composizione e funzionalità del microbiota vaginale, non la singola categoria. Diversi studi hanno poi trovato alcune associazioni tra la composizione del microbiota vaginale e specifiche condizioni cliniche, di cui la più rilevante riguarderebbe la riduzione dei lattobacilli, spesso alla base della crescita eccessiva di batteri anaerobici, con potenziali effetti sulla salute come parto prematuro, infezioni del tratto urinario, endometrite e infezioni trasmesse sessualmente, ma anche di vaginosi batterica. Problematica, quest’ultima, solitamente trattata con antibiotici ma con efficacia limitata, e rischio di ricomparsa nel 60% dei casi, mentre prodotti bioterapeutici vivi vaginali, che utilizzano microrganismi vivi, possono essere più efficaci nel trattamento o nella prevenzione di questa e di altre condizioni di salute vaginale. Alcuni studi suggeriscono che comportamenti comuni di igiene intima, come le lavande vaginali possono contribuire a un rischio più elevato per lo sviluppo ad esempio di disbiosi vaginale. Da qui l’indicazione che differenze nel microbioma vaginale e le disparità di salute potrebbero essere dovute a fattori biologici e sociali. È inoltre emerso che si conosce ancora poco sui microbiomi vaginali, che sono composti da diversi altri tipi di microbi, tra cui lieviti, virus e altri tipi di batteri, e sul loro ruolo all’interno del microbiota e per la salute. Gli autori sottolineano che infine che infrastrutture, tecnologia e finanziamenti possono contribuire a queste disparità, raccomandando di avviare collaborazioni internazionali per condividere risorse, know-how, strumenti di laboratorio, tecniche di comunicazione; in quest’ottica iniziative come l’Isala Project e la sua confraternita, tra cui il progetto Vaginal Human Microbiome, che lavorano alla mappatura dei microbiomi vaginali di persone di diverse origini etniche negli Stati Uniti sono strategiche. “Per promuovere migliori azioni preventive, diagnostiche e terapeutiche per le donne affette da condizioni associate al microbiota vaginale sono necessarie più ricerche sulle funzioni e la diversità del microbiota vaginale in diverse parti del mondo”, scrivono gli autori. “Ciò consentirà di comprendere meglio le caratteristiche di un microbioma vaginale sano in ogni posizione geografica, condizione socioeconomica, considerando anche fattori sociali e culturali”.(30Science.com)

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Realizzata mappa del microbiota vaginale sano
(7 Febbraio 2025)

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