Francesca Morelli

Le diete yo-yo possono causare danni renali in persone con diabete di tipo 1

(4 Febbraio 2025)

Roma – La dieta yo-yo, cioè la perdita e l’aumento di peso ripetuti più volte nel corso degli anni, potrebbe favorire lo sviluppo di malattie renali in persone con diabete di tipo 1, indipendentemente dall’indice di massa corporea (BMI) e da altri fattori di rischio tradizionali. Lo sostiene uno studio del Centre Hospitalier Universitaire de Bordeaux, in Francia, pubblicato oggi sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism dell’Endocrine Society. Si stima che la dieta yo-yo sia prevalente in circa il 35% negli uomini e nel 55% nelle donne e diversi studi hanno confermato che questo schema dietetico si associa a un aumento di rischio di eventi cardiovascolari, sia nella popolazione generale sia nelle persone con diabete di tipo 2 e, più recentemente, anche in pazienti affetti da diabete di tipo 1. Questi ultimi sarebbero inoltre esposti, secondo le evidenze dell’attuale studio possibili eventi renali, sollevando per la prima volta l’attenzione su una possibile nuova implicazione associata alle diete yo-yo. Il diabete di tipo 1 è stato a lungo considerato come una malattia tipica di persone magre o normopeso, ma di recente su è osservato l’incremento di questa problematica anche fra persone con obesità. “Il nostro studio attesta che un’elevata variabilità del peso corporeo correla a un rischio aumentato per la progressione della malattia renale diabetica (DKD) nelle forme di tipo 1, indipendentemente dai tradizionali fattori di rischio associati a DKD”, ha affermato Marion Camoin, del Centre Hospitalier Universitaire de Bordeaux, Francia e primo autore dello studio. I ricercatori francesi hanno monitorato per 6 anni gli indici di peso corporeo dei 1.432 partecipanti allo studio Diabetes Control and Complications Trial (DCCT)/Epidemiology of Diabetes Interventions and Complications (EDIC), per valutare gli effetti dei vari modelli di dieta yo-yo, facendo riferimento all’indice primario di “variabilità indipendente dalla media” (VIM) che misura le fluttuazioni al di sopra e al di sotto del peso corporeo medio di una persona. I dati sulle fluttuazioni di peso sono stati utili a definire sei criteri per il declino della funzionalità renale e la progressione verso la malattia renale cronica di cui “destino di filtrazione glomerulare stimato” (eGFR), che misura la capacità dei reni di filtrare le tossine dal sangue, è stato un importante indicatore. Lo studio sembra dimostrare un calo del 40% dell’eGFR fra i partecipanti con maggiori fluttuazioni di peso rispetto ai valori basali e maggiori probabilità di un aumento dell’albuminuria da moderato a grave, in rapporto ai livelli di albumina normalmente presenti nelle urine. L’albuminuria aumentata si sarebbe osservata anche nelle urine di pazienti con malattie renali. Risultati simili correlabili a malattie renali sono stati confermati anche dagli altri indici esaminati. I meccanismi patofisiologici che collegano il ciclo del peso corporeo al rischio renale non sono stati ancora chiaramente identificati dallo studio il quale tuttavia offre alcune ipotesi che possono concorrere al ciclo del peso corporeo, tra cui la terapia insulinica, necessaria per trattare il diabete di tipo 1. Mentre altri ricercatori sostengono che il ciclo del peso corporeo può richiedere al cuore uno sforzo maggiore e quindi contribuire allo sviluppo di danni renali e vascolari. “Sarebbe necessario concentrarsi sulla promozione si strategie per il mantenimento del peso a lungo periodo in persone con diabete di tipo 1, poiché la stabilità del peso può avere un impatto positivo in termini di salute”, concludono gli autori.(30Science.com)

Francesca Morelli