Francesca Morelli

Scoperto meccanismo per rendere le celle solari più efficienti

(9 Gennaio 2025)

Roma – Basterebbe contrastare un meccanismo di “perdita” di fotocorrente per rendere le celle solari organiche più efficienti e stabili. È quanto rilevano ricercatori dell’Organic Electronics Research Group presso l’Åbo Akademi University, in Finlandia, e del Suzhou Institute for Nano-Tech and Nano-Bionics, Cina, dopo aver attivato un meccanismo strategico ad oggi non noto e che potrebbe potenziare la durata di azione delle celle solari. L’applicazione di questa strategia, descritta in un lavoro pubblicato oggi su Nature Photonics, avrebbe dimostrato di poter aumentare l’efficienza di oltre 18% delle celle solari a struttura invertita con un’area di 1 cm2, favorendo anche una durata di vita più lunga rispetto a quella attualmente segnalata per le celle solari organiche, pari a 24.700 ore sotto illuminazione a luce bianca, che corrispondono a una durata operativa prevista di oltre 16 anni. Tale approccio rientra nel concetto di fotovoltaico organico, interessante in termini di commercializzazione perché leggero, flessibile e con un processo di produzione efficiente dal punto di vista energetico. L’efficienza di conversione di potenza è aumentata notevolmente negli ultimi cinque anni, grazie a migliori celle solari organiche basate su una struttura convenzionale, realizzate in oltre il 20% dei casi in laboratorio. Tuttavia, i materiali impiegati sono suscettibili di degradazione quando esposti alla luce solare e all’aria e la stabilità a lungo termine di queste celle richiede ancora miglioramenti per renderle ampiamente disponibili. In termini di durata, lo strato di contatto più ampio della cella solare, realizzato con materiale più durevole, offre sensibili vantaggi: le celle solari a struttura invertita, o n-i-p, garantiscono maggiore stabilità, sebbene la loro efficienza di conversione di potenza sia ancora inferiore a quella dei design convenzionali. Questa scoperta apre la strada allo sviluppo di strategie promettenti per migliorare le prestazioni e la stabilità delle celle solari organiche strutturalmente invertite. Il valore aggiunto è proprio aver identificato il “meccanismo di perdita” e la via per superarlo: il contatto nella parte inferiore di questi dispositivi, realizzato con ossidi metallici come l’ossido di zinco, che crea una stretta area di ricombinazione, favorendo la perdita di fotocorrente. Applicando sul contatto inferiore un sottile strato di passivazione di nitruro di ossido di silicio (SiOxNy), un particolare solvente sul, l’area di ricombinazione viene eliminata, migliorando sensibilmente l’efficienza. Il lavoro sottolinea il potenziale di utilizzo del metodo nella produzione su larga scala di celle solari organiche, efficienti e stabili. (30Science.com)

Francesca Morelli