Francesca Morelli

Un nano-dispositivo di stimolazione cerebrale efficace nei topi con Parkinson

(15 Gennaio 2025)

Roma – Un nuovo nano-sistema di stimolazione cerebrale profonda, iniettabile e wireless, applicato nel topo, sembra avere invertito i sintomi della malattia di Parkinson. È quanto attesta uno studio della University of the Chinese Academy of Sciences, National Center for Nanoscience and Technology, pubblicato oggi su Science Advances. Eliminando l’accumulo di fibrille dannose attorno ai neuroni dopaminergici, il dispositivo in un modello murino avrebbe cambiato la storia evolutiva di una forma di malattia simil-parkinsoniana. I ricercatori avrebbero infatti osservato una regressione della degenerazione dei neuroni, un aumento dei livelli di dopamina e la ripresa delle capacità motorie nei topi. La degenerazione continua dei neuroni dopaminergici nella substantia nigra del cervello porta la malattia di Parkinson (MP) ad evolvere verso una forma cronica incurabile. È per questa ragione che la gran parte delle terapie per la MP oggi disponibili si concentrano sull’amplificazione della segnalazione e della produzione di dopamina. Pochi studi, invece, si sono dedicati a comprendere come eliminare l’accumulo di fibrille di α-sinucleina (α-syn), responsabili innanzitutto del deterioramento dei neuroni dopaminergici. Un approccio di stimolazione cerebrale profonda sembra efficace nel favorire il processo eliminazione, invertendo di conseguenza la degenerazione neuronale. Il sistema combina nanoparticelle di oro fototermiche, anticorpi attivatori dei neuroni dopaminergici e peptidi di β-sinucleina (β-syn) che scompongono α-syn attraverso processi di legame. Dopo aver testato questa combinazione in modelli cellulari in vitro di morbo di Parkinson, il dispositivo è stato applicato nel trattamento di topi con MP indotta da α-syn. Nei modelli murini si è osservato il ripristinato delle capacità locomotorie, un aumento dei livelli di dopamina nello striato all’interno dei gangli della base (una regione che ospita anche la critica substantia nigra), in assenza di segni di tossicità. Pertanto le particelle migravano lontano dai siti di trattamento non “a caso” ma con l’obiettivo di entrare nel liquido cerebrospinale, entro 8 settimane dall’inizio della terapia. “Il nostro studio fornisce preziose informazioni per future indagini in ambito di stimolazione cerebrale profonda senza necessità di ulteriori impianti di condotti o manipolazione genetica”, scrivono gli autori.(30Science.com)

Francesca Morelli