Francesca Morelli

Scoperti meccanismi cerebrali alla base dei movimenti volontari

(9 Gennaio 2025)

Roma – Il cervello attiverebbe speciali e nuovi meccanismi per agire efficacemente sul controllo dei movimenti volontari, cioè sui nostri movimenti naturali. La scoperta, pubblicata oggi su Science, arriva da otto anni di lavoro e dalla stretta collaborazione di ricercatori italiani di eccellenza: Luca Bonini, a capo del Laboratorio di Neuroetologia dei Primati Non Umani del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma; Alberto Mazzoni alla guida di un team dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e ricercatore principale presso il Computational Neuroengineering Lab ed il contributo di Silvestro Micera, professore di Bioingegneria. Il lavoro di ricerca è stato supporto da tre progetti finanziati dal Consiglio europeo della ricerca (ERC) e da altrettanti progetti nazionali italiani, tra cui MNESYS, un partenariato Esteso per la tematica Neuroscienze e Neurofarmacologia, concepito dall’Università degli studi di Genova, e BRIEF (Biorobotics Research and Innovation Engineering Facilities). Questo studio rimette in discussione alcune classiche teorie sul funzionamento del sistema motorio, aprendo nuove possibilità di applicazioni nella neuroriabilitazione e nella robotica. Utilizzando nuovi dispositivi telemetrici, i ricercatori hanno registrato l’attività di centinaia di neuroni dalle regioni motorie del cervello di scimmie, totalmente libere di esprimere comportamenti spontanei, come camminare, arrampicarsi o sbadigliare: un enorme passo avanti rispetto a studi precedenti in cui le tecnologie disponibili consentivano di analizzare cervelli immobili durante azioni apprese e stereotipate. Tale approccio “in movimento” consente di capire come il cervello orchestra i movimenti spontanei in situazioni naturali. “Il nostro cervello è in continuo divenire – spiega Luca Bonini, responsabile del progetto di ricerca – e questo nuovo approccio ha cambiato l’idea classica secondo cui specifiche regioni cerebrali, o addirittura singole cellule neuronali, controllino azioni definite, come mordere, bere o afferrare. Secondo i nostri risultati, i neuroni cerebrali nelle aree motorie si comporterebbero proprio come i tasti di un pianoforte che permettono di comporre molte melodie diverse, creando anch’essi complesse sinergie tali da permetterci di organizzare la varietà di azioni spontanee che siamo in grado di compiere, alcune delle quali fino a oggi erano addirittura impossibili da studiare in laboratorio”. La collaborazione con i bioingegneri della Scuola Sant’Anna di Pisa ha permesso di decodificare la complessità di questa attività neurale e di prevedere le azioni spontanee che gli animali stavano per compiere utilizzando solo i segnali generati dai neuroni. “I nostri risultati” ha aggiunto Alberto Mazzoni “indicano che l’attività neuronale registrata durante il comportamento spontaneo offre molte più informazioni rispetto a quelle ottenute in laboratorio, permettendoci ad esempio di comprendere le diverse modalità con cui il cervello, a seconda del contesto, controlla la produzione di azioni volontarie”. L’elevata similarità neurologica e comportamentale delle scimmie con l’uomo suggerisce che questo risultato potrebbe avere rilevanti applicazioni cliniche. “I risultati ottenuti attraverso questa collaborazione interdisciplinare aprono nuove e importanti prospettive traslazionali per la neurotecnologia e la neuroriabilitazione” dichiara Silvestro Micera “ed è un’ulteriore dimostrazione dello straordinario impatto che i progetti Next Generation UE hanno avuto sulla ricerca italiana. La nostra speranza è di proseguire queste collaborazioni grazie a nuove iniziative di finanziamento sostenute dal nostro Paese”. “Ci auguriamo” concludono Francesca Lanzarini, Monica Maranesi, Elena Hilary Rondoni e Davide Albertini, co-primi autori del paper “che il nostro approccio possa contribuire al passaggio dalla neurofisiologia classica alla neuroetologia in molti studi sulla relazione tra cervello e comportamento, migliorando la qualità della vita degli animali anche durante gli esperimenti e, di conseguenza, la validità dei risultati della ricerca neuroscientifica sui primati non umani che, come dimostra questo lavoro, sono ancora fondamentali e insostituibili”. (30Science.com)



Francesca Morelli