Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Concetto di “punto critico” dannoso nella lotta al climate change

(4 Dicembre 2024)

Roma – Il concetto di “punto critico” (tipping point) utilizzato anche da molti accademici per segnalare le linee di non ritorno del cambiamento climatico sarebbe in realtà controproducente nella lotta al riscaldamento globale. E’ quanto sostiene un gruppo di studiosi – tra cui ricercatori della Rutgers University-New Brunswick, della Princeton University e della Carleton University – in un nuovo articolo pubblicato su Nature Climate Change. Per gli autori il concetto di “punto critico” non è ben definito e viene spesso applicato in modo inappropriato. Non ci sono inoltre prove – sostengono – che il tono apocalittico di questa formulazione stia effettivamente spingendo pubblico e decisori politici a impegnarsi di più per la salvaguardia dell’ambiente. I ricercatori hanno affermato che è più probabile che il pubblico reagisca all’indicazione di pericoli percepiti come relativamente certi e prossimi piuttosto che a problematiche percepite come astratte, e la cui tempistica è altamente incerta o imprevedibile. “Mentre molti dei fenomeni fisici raggruppati sotto l’etichetta di ‘punti critici’ sono sistemicamente importanti e meritano di essere studiati, la definizione di punti di critici non evidenzia necessariamente – e potrebbe anzi oscurare – i loro aspetti più problematici”, ha affermato Robert Kopp , primo autore dell’articolo, professore emerito presso il Dipartimento di scienze della Terra e dei pianeti presso la Rutgers School of Arts and Sciences e Visiting Fellow presso la Princeton School of Public and International Affairs. Gli autori affermano che la ricerca nelle scienze sociali indica che è più probabile che un’azione collettiva costruttiva sia ispirata da “eventi di focalizzazione” identificabili legati al cambiamento climatico – come incendi, siccità prolungata, ondate di calore intense e inondazioni – piuttosto che dalla nozione più astratta e applicata in modo poco rigoroso di punti critici climatici. L’espressione, ha detto Kopp, è entrata nell’ uso diffuso nei primi anni 2000 con la popolarità del bestseller di Malcolm Gladwell The Tipping Point: How Little Things Can Make a Big Difference . Gladwell, uno scrittore del New Yorker , ha definito un punto critico come “il momento di massa critica, la soglia, il punto di ebollizione” e l’ha applicata come principio alla base di diverse tendenze sociologiche, dall’aumento di popolarità delle scarpe Hush Puppies ai forti cali nei tassi di criminalità. Negli anni successivi, gli scienziati del clima hanno adattato il termine per applicarlo a fenomeni quali il potenziale collasso della circolazione meridionale atlantica, della calotta glaciale dell’Antartide occidentale e degli ecosistemi delle barriere coralline. I “punti critici” e i loro molteplici utilizzi nella scienza e oltre non sono ben definiti e forniscono l’illusione di una comprensione scientifica precisa, hanno affermato gli autori. “I tentativi di riassumere così tanti problemi e comportamenti sotto la stessa etichetta e lo stesso quadro interpretativo comune non fanno progredire la scienza”, ha affermato il coautore Michael Oppenheimer , professore di geoscienze presso la Princeton University. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla