Lucrezia Parpaglioni

Studio svela la ricchezza della vita microbica nelle profondità della crosta terrestre

(18 Dicembre 2024)

Roma – Esiste una diversità microbica sorprendentemente elevata in alcuni ambienti sotterranei, che raggiungono fino a 491 metri sotto il fondale marino e fino a 4375 m sottoterra. Lo rivela una ricerca condotta presso il Marine Biological Laboratory, MBL, di Woods Hole, riportata su Science Advances. Questa scoperta indica vaste riserve di diversità sotterranee inutilizzate per la bioprospezione di nuovi composti e medicinali, per comprendere come le cellule si adattano ad ambienti a energia estremamente bassa e per illuminare la ricerca di vita extraterrestre. “Si ritiene comunemente che più si scende sotto la superficie terrestre, meno energia è disponibile e minore è il numero di cellule che possono sopravvivere”, ha detto Emil Ruff, scienziato associato MBL che ha guidato lo studio. “Mentre più energia è presente, più diversità può essere generata e mantenuta, come nelle foreste tropicali o nelle barriere coralline, dove c’è molto sole e calore”, ha continuato Ruff. “Ma dimostriamo che in alcuni ambienti del sottosuolo la diversità può facilmente rivaleggiare, se non superare, la diversità in superficie; ciò è particolarmente vero per gli ambienti marini e per i microbi nel dominio degli Archaea”, ha affermato Ruff. Questo studio approfondito, durato 8 anni, è anche uno dei primi a confrontare il regno marino con quello terrestre in termini di diversità microbica e composizione della comunità.

Un gruppo di geomicrobiologi cammina verso un sito di campionamento alla fine di un tunnel inattivo in una miniera d’oro sudafricana. In questo sito a quasi 3 km di profondità sotto la superficie, i ricercatori possono accedere a uno degli ecosistemi più profondi e antichi della Terra. Le salamoie in cui vivono questi microbi sono rimaste intrappolate nella roccia per oltre 1 miliardo di anni.
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Emil Ruff

“Guardate le piante e gli animali: pochissimi di loro sono adattati sia al regno marino che a quello terrestre; un’eccezione sarebbe il salmone”, ha dichiarato Ruff. “Una domanda interessante è se questo vale anche per i microbi”, ha aggiunto Ruff. Secondo i risultati, i microbiomi marini e terrestri differiscono notevolmente nella composizione, mentre il loro livello di diversità è simile. “Quindi, questo sembra essere un principio ecologico universale”, ha proseguito Ruff. “C’è una netta divisione tra le forme di vita nei regni marini e terrestri, non solo in superficie, ma anche nel sottosuolo”, ha evidenziato Ruff. “Le pressioni selettive sono molto diverse sulla terraferma e in mare, e selezionano organismi diversi che hanno difficoltà a vivere in entrambi i regni”, ha notato Ruff. “La prima volta che gli scienziati hanno capito che c’è un’enorme riserva di microbi proprio sotto i nostri piedi, a chilometri di profondità nella roccia e sotto il fondale marino, è stata a metà degli anni Novanta”, ha spiegato Ruff. Gli scienziati stimano ora che un numero compreso tra il 50 e l’80% delle cellule microbiche della Terra viva nel sottosuolo, dove la disponibilità di energia può essere di ordini di grandezza inferiore rispetto alla superficie illuminata dal sole. “Con questo studio, ora possiamo anche apprezzare che forse metà della diversità microbica sulla Terra si trova nel sottosuolo”, ha osservato Ruff. “Ed è affascinante che, in questi ambienti a bassa energia, la vita sembri rallentata, a volte fino a un minimo assoluto”, ha precisato Ruff. “In base alle stime, alcune cellule del sottosuolo si dividono in media una volta ogni 1.000 anni”, ha illustrato Ruff. “Quindi, questi microbi hanno scale temporali di vita completamente diverse e potenzialmente possiamo imparare qualcosa sull’invecchiamento da loro”, ha specificato Ruff. “Per sopravvivere nel sottosuolo, ha senso essere adattati evolutivamente per ridurre al minimo i requisiti di potenza ed energia e ottimizzare ogni singola parte del metabolismo per essere il più possibile efficienti dal punto di vista energetico”, ha aggiunto Ruff.

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Mandy Joye/U.S.A. 

“E possiamo anche imparare da questo: come essere estremamente efficienti quando si lavora con quasi niente”, ha commentato Ruff. “Se Marte o altri pianeti avessero avuto acqua liquida a un certo punto della loro storia, e ci sono prove che Marte ne abbia avuta, allora gli ecosistemi rocciosi a 3 km sotto la sua superficie sarebbero molto simili a quelli sulla Terra”, ha sottolineato Ruff. “L’energia sarebbe molto bassa; i tempi di generazione degli organismi sarebbero molto lunghi: comprendere la vita profonda sulla Terra potrebbe essere un modello per scoprire se c’era vita su Marte e se è sopravvissuta”, ha suggerito Ruff. “Gli studi sulla vita microbica in varie sacche della superficie e del sottosuolo della Terra non sono nuovi o particolarmente scarsi; tuttavia, i dati di questi studi sono stati difficili, se non impossibili, da sintetizzare a causa delle incongruenze nelle metodologie di ricerca utilizzate dai diversi gruppi”, ha raccontato Ruff. Al contrario, lo studio attuale è iniziato nel 2016 quando Ruff, allora ricercatore post-dottorato, ha partecipato a un incontro del Census of Deep Life, uno sforzo pionieristico per valutare la vita microbica del sottosuolo co-diretto da Mitchell Sogin, illustre scienziato senior dell’MBL. Per il censimento, gruppi di ricerca in tutto il mondo hanno inviato campioni del sottosuolo all’MBL, dove gli scienziati hanno utilizzato esattamente le stesse routine per sequenziare e analizzare il DNA microbico dei campioni. Il lavoro è stato guidato dalla scienziata dell’MBL, Hilary Morrison. Ciò ha fornito, per la prima volta, un set di dati coerente che potrebbe consentire il confronto tra oltre 1.000 campioni da 50 ecosistemi marini e terrestri. E Ruff è rimasto incuriosito dall’idea di effettuare questo confronto su larga scala. “Per la prima volta, abbiamo potuto confrontare direttamente i microbiomi, ad esempio, dei sedimenti superficiali dei Grandi Laghi con quelli di due chilometri sotto il fondale marino”, ha sottolineato Ruff. “Ecco da dove deriva la bellezza di questo documento di sintesi”, ha concluso Ruff. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.