Roma – Gli animali potrebbero sopportare tre anni di siccità per oltre sette volte nell’arco della loro vita, grazie a una straordinaria capacità di conservazione della specie. Una nuova ricerca della Colorado State University e la Rocky Mountain Research Station, pubblicata su Communications Earth & Environment sembra dimostrate come gli animali, la fauna selvatica in particolare, riescano ad adattarsi ai cambiamenti ambientali. La ricerca stima che molte specie selvatiche che hanno il loro habitat negli Stati Uniti continentali potranno sperimenteranno eposidi di siccità, lunghi anche un anno, con una probabilità quasi cinque volte superiore nei prossimi decenni (2050-2080) rispetto al passato (1950-2005), con previsioni pessimistiche che prevedono che peridi di siccità di tre anni possano diventare quasi sette volte più frequenti. “Secondo le nostre analisi il grado di maggiore esposizione alla siccità per ogni specie animale potrebbe dipendere dalle future concentrazioni di gas serra”, ha affermato il dott. Merijn van den Bosch, autore principale dello studio. “Anche in caso di concentrazioni più ridotte è ipotizzabile che tutti i vertebrati affronteranno periodi di siccità annuali e pluriennali più intensi nella seconda metà di questo secolo con impatti variabili a seconda della specie, del grado e della durata della siccità”. Ad esempio, il ratto canguro gigante in via di estinzione, originario di habitat secchi della California, si è adattato a brevi siccità occasionali, tuttavia siccità pluriennali, potrebbero ulteriormente gravare su minacce già esistenti, inclusa la perdita del loro storico habitat naturale. Vi sono forti probabilità, secondo gli autori, che le restanti specie di ratti canguro giganti potrebbe dover far pronte a periodi di siccità più lunghi e più frequenti. Stesso destino potrebbe riguardare molte specie di selvaggina attualmente non a rischio di estinzione, tra cui alcune anatre e altri uccelli acquatici e ungulati come l’alce. Pertanto per limitare le implicazioni e per favorire la conservazione della fauna selvatica e della selvaggina, gli scienziati hanno cercato di identificare le aree con elevata biodiversità e quelle in cui si stimano i maggiori aumenti di siccità al fine si attuare strategie adattative delle risorse idriche o il ripristino dell’habitat a beneficio delle varie specie selvatiche. Tra gli strumenti utilizzati dai ricercatori ci sono tecniche di modellazione all’avanguardia in grado di fare prevedere scenari futuri in relazioni a sei proiezioni di diverse condizioni di temperatura e umidità. Quindi, hanno confrontato la frequenza di esposizione alla siccità osservata e prevista con le mappe di distribuzione di 349 uccelli, 339 mammiferi, 280 anfibi e 253 specie di rettili, creato poi dei rapporti regionali. I dati una volta aggiustati per area terrestre, hanno identificato gli Stati Uniti sudoccidentali come il territorio con il numero più elevato di specie animali diverse, ma anche di specie a maggior rischio di estinzione per la siccità. “Molte specie che vivono nelle regioni del sud-ovest degli Stati Uniti, le più a rischio per siccità, si sono adattate alla probabilità di episodi periodici, ma si stima che siano molto vicina al massimo della loro tollerabilità. Pertanto il grande aumento della siccità atteso può avere gravi conseguenze per questi ecosistemi e la fauna selvatica che dipende da questa condizione”.(30Science.com)
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La siccità può aiutare a comprendere i meccanismi di conservazione della fauna selvatica
(17 Dicembre 2024)

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