Roma – Prelevare il dieci per cento del sangue di un paziente prima di un importante intervento chirurgico al fegato e reinserirlo a seguito dell’operazione può ridurre del 50 per cento la necessità di una trasfusione. A questa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista The Lancet Gastroenterology & Hepatology, condotto dagli scienziati dell’Ospedale di Ottawa e dell’Università di Ottawa. Il team, guidato da Guillaume Martel, ha valutato l’efficacia della flebotomia ipovolemica, una pratica che prevede il prelievo di sangue pre-intervento e la trasfusione a fine operazione. I ricercatori hanno reclutato 446 persone sottoposte a un importante intervento chirurgico al fegato in quattro ospedali canadesi. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a una procedura standard di intervento o alla flebotomia ipovolemica. Per questo secondo gruppo, gli anestesisti, dopo aver sedato i partecipanti, prelevavano un quantitativo di sangue pari a quello che viene rimosso in caso di donazione (450 millilitri), in modo che fosse disponibile per l’individuo stesso durante o nel post-intervento. Secondo i dati della banca del sangue dell’ospedale e le cartelle cliniche dei pazienti, il 7,6 percento di coloro che hanno ricevuto una flebotomia ipovolemica (17 su 223) ha ricevuto trasfusioni di sangue nei 30 giorni successivi all’intervento, rispetto al 16,1 percento (36 su 223) di coloro che hanno ricevuto le cure usuali. “La perdita di sangue – spiega Martel – rappresenta una delle principali preoccupazioni nella chirurgia epatica. Prelevare mezzo litro di sangue appena prima di un importante intervento chirurgico al fegato si è rivelato l’approccio più sicuro finora per i pazienti. Ciò permette infatti di abbassare la pressione sanguigna nel fegato, fornendo un sistema sicuro, semplice ed economico”. Tra un quarto e un terzo delle persone sottoposte a un importante intervento chirurgico al fegato necessita di una trasfusione, che però in questi soggetti è associata a un rischio più elevato di recidiva del cancro. “Questa soluzione – aggiunge François Martin Carrier, del Centre Hospitalier de l’Université de Montréal – è stata già adottata come standard nei quattro ospedali che hanno preso parte alla sperimentazione”. La flebotomia ipovolemica non ha provocato maggiori complicazioni rispetto alle cure tradizionali, anzi, rendeva l’operazione più semplice, visto il ridotto apporto di sangue nei punti di taglio. La procedura è ora in fase di sperimentazione nel trapianto di fegato e potrebbe esserci un futuro interesse nel testarla per altri interventi chirurgici con significativa perdita di sangue. “Le trasfusioni di sangue possono salvare vite – conclude Dean Fergusson, vicedirettore scientifico, ricerca clinica e scienziato senior presso l’Ospedale di Ottawa – ma se non sono necessarie, è meglio evitarle. Il sangue è una risorsa preziosa e limitata che è necessario preservare il più possibile per coloro che ne hanno bisogno”. (30Science.com)