Roma – I post sui social media contenenti disinformazione suscitano più indignazione morale rispetto a quelli con dati affidabili, il che facilita la diffusione delle fake news. A questa curiosa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati della Northwestern University e della Princeton University. Il team, guidato da Killian McLoughlin, ha utilizzato i dati raccolti dalle piattaforme statunitensi di Facebook e Twitter in più periodi di tempo, insieme a due esperimenti comportamentali, per capire quali meccanismi guidino la diffusione della disinformazione. I risultati, sostengono gli esperti, suggeriscono che le persone sono più propense a condividere i post che suscitano indignazione senza documentarsi sulle fonti. Questi dati indicano che i tentativi di mitigare la diffusione di fake news incoraggiando le persone a verificare l’accuratezza dei post che pubblicano potrebbero pertanto non avere successo. Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno definito l’indignazione come il mix di rabbia e disgusto innescati dalla percezione di trasgressioni morali. I post che suscitavano tali sentimenti, sostengono gli esperti, facilitavano la diffusione di disinformazione almeno quanto le notizie considerate affidabili. “Le persone tendono a condividere questi contenuti senza verificarne l’accuratezza – afferma McLoughlin – sembra che tale atteggiamento rappresenti un modo per segnalare la propria posizione morale. Il modo in cui le piattaforme social classificano i post da mostrare agli utenti probabilmente gioca un ruolo nella diffusione di disinformazione”. “In generale – concludono gli autori – quando si suscitano i sentimenti, i messaggi sono più coinvolgenti, e le fake news che sfruttano queste dinamiche potrebbero diffondersi in modo amplificato grazie agli algoritmi. I nostri risultati sono importanti perché ci aiutano a comprendere meglio i meccanismi che portano alla condivisione di disinformazione”. (30Science.com)
Valentina Di Paola
L’indignazione morale sui social contribuisce alla disinformazione
(28 Novembre 2024)
Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).