Roma – Un programma di ricerca durato venticinque anni ha svelato intuizioni chiave su come invecchia il cervello umano e quali fattori influenzano le prestazioni cognitive nel corso della vita. La ricerca è stata guidata da Ian Deary e Simon Cox, dell’Università di Edimburgo. I risultati, pubblicati su Genomic Psychiatry, traggono spunto dagli studi Lothian Birth Cohorts, LBC, che hanno monitorato in modo unico le capacità cognitive dei partecipanti dall’infanzia fino all’ottavo decennio di vita. La ricerca rivela che circa la metà dei punteggi dei test di intelligenza in età avanzata può essere ricondotto alle capacità cognitive infantili, una scoperta che solleva domande sull’educazione nello sviluppo cognitivo. “Ciò che è particolarmente affascinante è che anche dopo sette decenni, abbiamo trovato correlazioni di circa 0,7 tra i punteggi cognitivi dell’infanzia e dell’età avanzata”, ha detto Deary. “Ciò significa che poco meno della metà delle variazioni delle capacità cognitive in età avanzata era già presente all’età di undici anni”, ha aggiunto Deary. Le evidenze rilevate dallo studio hanno mostrato che l’invecchiamento del cervello varia notevolmente tra individui della stessa età; i modelli di metilazione del DNA possono predire il rischio di mortalità; una maggiore intelligenza infantile è correlata a migliori tassi di sopravvivenza; la genetica influenza l’intelligenza in modo diverso nell’infanzia rispetto all’età avanzata. La forza unica dello studio risiede nell’uso delle Scottish Mental Surveys del 1932 e del 1947, che hanno testato quasi tutti i bambini nati nel 1921 e nel 1936 in Scozia. Questa baseline completa ha permesso ai ricercatori di tracciare i cambiamenti cognitivi lungo interi periodi di vita, rivelando modelli precedentemente non noti alla scienza. Alcune delle scoperte più intriganti riguardano la struttura e la funzione del cervello. Utilizzando tecniche di imaging avanzate, i ricercatori hanno dimostrato variazioni sostanziali nella salute del cervello tra persone della stessa età. Ciò solleva importanti domande su quali fattori contribuiscano a queste differenze e se potrebbero essere modificabili tramite interventi sullo stile di vita. La ricerca sfida anche diversi preconcetti sull’invecchiamento cognitivo. “Abbiamo imparato che ciò che spesso supponiamo siano ’cause’ del declino cognitivo in età avanzata sono a volte in realtà ‘risultati’ di precedenti differenze cognitive”, ha notato Cox. “Questo cambia fondamentalmente il modo in cui pensiamo agli interventi sulla salute del cervello”, ha precisato Cox. In futuro, i ricercatori mirano a indagare in che modo le capacità cognitive nella prima infanzia influenzano le scelte di stile di vita che poi si ripercuotono sulla salute del cervello. Inoltre, come sfide future, gli scienziati si sono posti di scoprire il ruolo che svolgono i fattori ambientali nel mantenimento delle capacità cognitive e rilevare se gli interventi nella mezza età possano aiutare a preservare la funzione cognitiva negli anni successivi. (30Science.com)
Lucrezia Parpaglioni
Studio di 25 anni rivela la ricetta per sano invecchiamento cerebrale
(7 Novembre 2024)
Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.