Roma – I bambini che vivono in paesi scossi dalle guerre e dai conflitti sono associati a scarse condizioni di salute mentale e a cambiamenti biologici a livello di DNA. A questa allarmante conclusione giunge uno studio, pubblicato sul Journal of American Medical Association Psychiatry, condotto dagli scienziati dell’Università del Surrey, dell’University College di Londra, della St Georges University Lebanon e dell’Institute for Development, Research, Advocacy and Applied Care del Libano. Il team, guidato da Michael Pluess, ha raccolto i campioni di saliva di 1.507 bambini rifugiati siriani, di età compresa tra 6 e 19 anni, che vivevano in diversi insediamenti in Libano. Il gruppo di ricerca ha utilizzato la metilazione del DNA, un processo epigenetico in cui vengono aggiunti tag chimici al materiale genetico in vari siti del genoma. Allo stesso tempo, gli studiosi hanno somministrato dei questionari ai piccoli partecipanti e ai loro tutori per valutare l’effetto della guerra sulla loro salute mentale e sul loro materiale genetico. Stando a quanto emerge dall’indagine, i bambini maggiormente esposti agli eventi bellici erano associati a cambiamenti nel DNA in diversi siti e regioni del genoma, alcuni di questi collegati a geni coinvolti in funzioni critiche, come la neurotrasmissione e il trasporto intracellulare. Gli autori precisano che non è chiaro se queste alterazioni si verifichino anche in caso di altre forme di trauma, come la povertà o il bullismo. “Sappiamo che la guerra ha un impatto negativo sulla salute mentale dei bambini – afferma Pluess – il nostro lavoro mostra dei meccanismi biologici alla base di questo effetto. Allo stesso tempo, gli eventi bellici sembrano correlati a un invecchiamento epigenetico più lento, il che potrebbe ripercuotersi sullo sviluppo”. Gli studiosi hanno anche esaminato le variazioni in base al genere sessuale. In particolare, secondo l’analisi, per le ragazze si evidenziano cambiamenti più significativi del DNA rispetto alle controparti maschili, specialmente nei geni collegati alla risposta allo stress e allo sviluppo del cervello. Nelle femmine si evince quindi una risposta biologica più forte, per cui le ragazze potrebbero essere più vulnerabili agli effetti a lungo termine del trauma a livello molecolare. “Sperimentare traumi ed eventi stressanti – concludono gli autori – può provocare cambiamenti nel materiale genetico che potrebbero influenzare la salute fisica e mentale a lungo termine. Comprendere questi effetti è fondamentale per individuare strategie di prevenzione mirate ed efficaci”. (30Science.com)
Valentina Di Paola
La guerra provoca danni al DNA dei bambini
(20 Novembre 2024)
Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).