Roma – Le singole cellule possono apprendere e ricordare, un comportamento finora ritenuto esclusivo delle forme di vita dotate di cervello e sistema nervoso complesso. Questo curioso risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, condotto dagli scienziati della Harvard Medical School di Boston e del Centro per la regolazione genomica (CRG) di Barcellona. Il team, guidato da Jeremy Gunawardena, ha esaminato l’assuefazione, il processo mediante il quale un organismo smette gradualmente di rispondere a uno stimolo ripetuto. I risultati, commentano gli autori, potrebbero rappresentare un cambiamento importante nel modo in cui si concepiscono le unità fondamentali della vita. “Le cellule non vengono più considerate entità capaci di processi decisionali basati sull’apprendimento dall’ambiente – afferma Gunawardena – ma vengono elevate secondo un concetto più ampio”. L’assuefazione, spiegano gli studiosi, è stata ampiamente documentata negli animali con sistemi nervosi complessi. Nei primi anni del XX secolo, gli esperimenti con il ciliato unicellulare Stentor roeselii hanno fatto luce per la prima volta su un comportamento che assomigliava all’apprendimento, ma tali studi non sono stati portati avanti. Negli anni ’70 e ’80, sono stati trovati segni di assuefazione in altri ciliati e gli esperimenti moderni hanno continuato ad aggiungere peso a queste teorie. “Le creature unicellulari – osserva Rosa Martinez, co-autrice del paper – sono molto diverse dagli animali dotati di cervello. Il processo di apprendimento prevede l’uso di reti molecolari interne che in qualche modo svolgono funzioni simili a quelle tipiche delle reti di nervi e neuroni”. Le cellule si affidano alle reazioni biochimiche come mezzo per elaborare le informazioni. Ad esempio, l’aggiunta o la rimozione di un tag di fosfato dalla superficie di una proteina ne causa l’accensione o lo spegnimento. Per tracciare il modo in cui le cellule elaborano le informazioni, invece di lavorare con le cellule in provette da laboratorio, i ricercatori hanno utilizzato simulazioni al computer basate su equazioni matematiche per monitorare queste reazioni e decodificare il “linguaggio” della cellula. Questo approccio ha permesso al team di osservare le interazioni molecolari e i loro pattern quando le cellule venivano esposte allo stesso stimolo. Nello specifico, gli autori hanno considerato due comuni circuiti molecolari: i loop di feedback negativo e i loop di feedforward incoerenti. Nel primo caso, l’output di un processo inibisce la propria produzione, come un termostato che spegne un riscaldatore quando una stanza raggiunge una certa temperatura. Il secondo tipo invece prevede un segnale che attiva simultaneamente sia un processo che il suo inibitore, come una luce attivata dal movimento, che poi si spegne dopo un certo periodo di tempo. Stando a quanto emerge dall’indagine, le cellule utilizzano una combinazione di almeno due circuiti molecolari per perfezionare la risposta a uno stimolo e riprodurre le caratteristiche complesse dell’assuefazione. Gli scienziati hanno inoltre individuato il requisito di separazione temporale, per il quale alcune reazioni avvengono più velocemente di altre. “Riteniamo che questa potrebbe essere una sorta di ‘memoria’ a livello cellulare – spiega Martinez – che consente alle cellule di rispondere nell’immediato e di influenzare la risposta futura”. “Neuroscienziati e scienziati cognitivi hanno studiato l’assuefazione da prospettive differenti – aggiunge Gunawardena – ma il nostro lavoro suggerisce che si tratta di due facce della stessa medaglia. Le singole cellule potrebbero essere considerate un potente strumento per analizzare i fondamenti dell’apprendimento”. Dimostrare che le cellule possono effettivamente sviluppare una sorta di memoria potrebbe contribuire a spiegare in che modo le cellule tumorali imparano a resistere alla chemioterapia e come i batteri diventano refrattari agli antibiotici. “Queste ipotesi – concludono gli scienziati – devono essere confermate con dati biologici del mondo reale. Nel nostro lavoro abbiamo utilizzato la modellazione matematica per esplorare il concetto di apprendimento cellulare, ma i risultati devono essere considerati un punto di partenza per le analisi future. Il nostro approccio può aiutarci a stabilire le priorità degli esperimenti che hanno maggiori probabilità di produrre risultati preziosi, risparmiando tempo e risorse e portando a nuove scoperte”. (30Science.com)