Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Nuovo modello prevede la presenza di PFAS in falde acquifere

(25 Ottobre 2024)

Roma – Un nuovo modello di analisi permette di prevedere la presenza degli inquinanti PFAS nelle falde acquifere. E’ quanto emerge da uno studio guidato dalla U.S. Geological Survey e pubblicato su Science. Le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS), spesso chiamate “sostanze chimiche eterne”, sono contaminanti ambientali altamente persistenti collegati a effetti negativi sull’ambiente e sulla salute. Utilizzati in molti prodotti di consumo, questi inquinanti organici sono diventati onnipresenti nell’ambiente e si trovano regolarmente nelle falde acquifere e nelle acque superficiali. Sebbene l’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti (EPA) abbia introdotto nuovi requisiti di monitoraggio per affrontare la contaminazione da PFAS nell’acqua potabile, questi sforzi non coprono i piccoli sistemi idrici pubblici o i pozzi privati di acqua sotterranea, che collettivamente forniscono acqua potabile a milioni di americani. Per colmare queste lacune, gli autori del nuovo studio hanno presentato un modello predittivo nazionale che utilizza l’approccio di apprendimento automatico XGBoost (IeXtreme Gradient Boosting), addestrato su campioni di contaminazione da PFAS prelevati tra il 2019 e il 2022 da tre reti di pozzi all’interno delle principali falde acquifere degli Stati Uniti. Ciò ha consentito agli autori di stimare in modo ampio la presenza di PFAS nelle falde acquifere in base a variabili ambientali, profondità del pozzo e fonti note di contaminazione da PFAS. Le previsioni del modello da loro derivate sono per le falde acquifere di origine prima di qualsiasi trattamento. Hanno scoperto che da 71 a 95 milioni di persone negli Stati Uniti potenzialmente dipendono dalle falde acquifere contenenti PFAS. Gli autori notano che, sebbene molti fornitori di acqua pubblica ora monitorino e trattino i PFAS, i costi del trattamento rimangono impegnativi, in particolare per le comunità a basso reddito, e gli utenti domestici dei pozzi spesso non eseguono test o bonifica, aumentando la loro vulnerabilità. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla