Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Le persone non capiscono il concetto di “giustizia climatica”

(18 Ottobre 2024)

Roma – La maggior parte delle persone, comprese quelle nelle aree più colpite dal cambiamento climatico, non comprende l’espressione “Giustizia climatica”. Tuttavia, riconoscono le ingiustizie sociali, storiche ed economiche che caratterizzano la crisi climatica. E’ quanto emerge da uno studio guidato dall’Università di Nottingham e pubblicato su Nature Climate Change. I ricercatori ritengono che i loro risultati potrebbero aiutare a dare forma a comunicazioni sul cambiamento climatico più efficaci. Hanno condotto uno studio che è consistito nell’intervista di 5.627 adulti in 11 paesi (Australia, Brasile, Germania, India, Giappone, Paesi Bassi, Nigeria, Filippine, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti) per valutare la familiarità con il concetto di giustizia climatica. I ricercatori hanno scoperto che due terzi delle persone in questi paesi non avevano mai sentito parlare di giustizia climatica. La maggior parte delle persone intervistate era favorevole alle convinzioni legate al concetto di giustizia climatica, tra cui le nozioni secondo cui le persone più povere subiscono impatti peggiori dal cambiamento climatico (78 per cento di consenso), le persone delle comunità più colpite dovrebbero avere più voce in capitolo nelle decisioni riguardanti il cambiamento climatico (78 per cento) e che il capitalismo e il colonialismo sono elementi alla base della crisi climatica (70 per cento). L’approvazione di queste convinzioni legate alla giustizia climatica è stata anche associata al sostegno a politiche per contrastare il cambiamento climatico. La giustizia climatica comprende – come declinata nello studio – che (1) gli impatti del cambiamento climatico sono percepiti in modo diseguale nella società; (2) i gruppi più colpiti hanno spesso meno voce in capitolo nella selezione e nell’attuazione delle risposte sociali al cambiamento climatico e (3) i processi decisionali relativi al cambiamento climatico spesso non riconoscono i legittimi interessi delle comunità politicamente prive di voce, contribuendo di conseguenza a un’ulteriore privazione dei diritti dei gruppi emarginati. Il dott. Charles Ogunbode, professore di psicologia applicata presso l’Università di Nottingham, che ha guidato la ricerca, ha affermato: “Tenere conto della giustizia climatica mentre rispondiamo a un clima in cambiamento è fondamentale per orientare le nostre società verso soluzioni giuste ed eque. È ironico che la ricerca tenda a limitarsi a ciò che le persone nelle regioni più ricche del mondo pensano del cambiamento climatico e della giustizia climatica. I cittadini dei paesi in prima linea, quelli più vulnerabili al cambiamento del clima, sono in gran parte confinati a essere soggetti del discorso sul clima, anziché partecipanti attivi. Il discorso sbilanciato corrisponde alle disuguaglianze che caratterizzano il cambiamento climatico stesso”. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla