Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Il cambiamento climatico sta cambiando la vita dei cervi

(1 Ottobre 2024)

Roma – La vita dei cervi sta venendo profondamente modificata dal cambiamento climatico anche se non sempre in modo negativo. E’ quanto emerge da uno studio guidato dalla Swedish University of Agricultural Sciences, pubblicato su Global Change Biology. Con l’aumento generale delle temperature, gli inverni più miti sembrano essere vantaggiosi per molte popolazioni di cervi: usano meno energia per tenersi al caldo e riescono a trovare cibo più facilmente. Tuttavia, per le specie che vivono in climi più freddi come le renne o i caribù, le variazioni di temperatura invernali possono causare lo scioglimento e il ricongelamento della neve, coprendo la vegetazione sotto una calotta di ghiaccio che rende inaccessibili i licheni di cui solitamente si nutrono gli animali. Allo stesso modo, estati più calde e secche potrebbero superare le tolleranze fisiologiche delle popolazioni di cervi, principalmente a causa dello stress da calore e dei parassiti. Nel breve termine, le condizioni fisiche degli animali potrebbero deteriorarsi; nel lungo termine, alcune specie potrebbero spostarsi più a nord, il che cambierebbe la loro distribuzione. Ciò sta già accadendo all’alce, la specie di cervo più grande e quella che si adatta meglio ai climi freddi. L’alce è piuttosto sensibile al calore e le popolazioni situate più a sud, come nella Scandinavia meridionale, sono maggiormente colpite dal cambiamento climatico e potrebbero scomparire da queste aree. Alcune specie di cervi possono superare questi problemi cercando rifugio in habitat più freschi e riducendo le loro attività quotidiane durante le ore più calde. Tuttavia, queste risposte possono influenzare negativamente le dinamiche della popolazione nel lungo termine. Quando alci e caprioli sono sottoposti a stress, la loro massa corporea diminuisce. Man mano che gli animali diventano più piccoli, possono esserci ripercussioni sulle generazioni successive, tra cui una ridotta crescita della popolazione. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla