Roma – La transizione da una postura della colonna vertebrale distesa a una eretta nei mammiferi ha richiesto molti passaggi, associati a cali e picchi delle prestazioni locomotorie nelle varie specie. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati dell’Università di Harvard. Il team, guidato da Peter Bishop e Stephanie Pierce, ha utilizzato metodi all’avanguardia che combinano dati fossili con modelli biomeccanici avanzati per valutare la transizione dalla postura distesa a quella eretta. I risultati suggeriscono che il passaggio non è stato affatto semplice né lineare, e potrebbe essersi verificato molto più tardi rispetto a quanto ipotizzato in precedenza. I mammiferi, spiegano gli esperti, si distinguono per la postura eretta, un tratto fondamentale che ha contribuito al successo evolutivo della classe in generale. Tuttavia, i primi esemplari erano più simili ai rettili, con arti sporgenti ai lati e una posizione distesa. Il cambio di posizione della colonna vertebrale ha comportato una riorganizzazione importante dell’anatomia e della funzione degli arti. Nell’ambito dell’indagine, il gruppo di ricerca ha esaminato la biomeccanica di cinque specie moderne che rappresentano l’intero spettro di posture degli arti, tra cui una lucertola tegu (distesa), un alligatore (semi-eretto) e un levriero (eretto). “Partendo da esemplari moderni – spiega Bishop – abbiamo migliorato notevolmente la nostra comprensione di come l’anatomia di un animale sia correlata al modo in cui sta in piedi e si muove. Queste informazioni possono essere inserite ora in un contesto evolutivo più ampio, di come postura e andatura siano effettivamente cambiate nel corso della storia dei mammiferi”. Gli scienziati hanno quindi analizzato otto specie di fossili provenienti da quattro continenti che abbracciano 300 milioni di anni di evoluzione. Le specie spaziavano dal proto-mammifero Megazostrodon, che pesava appena 35 grammi, fino all’Ophiacodon, che poteva raggiungere gli 88 chilogrammi. Utilizzando principi di fisica e ingegneria, gli autori hanno costruito modelli biomeccanici digitali di come i muscoli e le ossa si attaccavano tra loro. Questi prototipi hanno permesso di generare simulazioni che determinavano quanta forza gli arti posteriori potevano applicare al terreno.
“Questo parametro è un fattore determinante per le prestazioni locomotorie negli animali – sottolinea Bishop – la forza è infatti necessaria per correre velocemente e mantenere l’equilibrio. I nostri risultati offrono una visione più olistica della funzione e della locomozione degli arti e di come si siano evoluti nel corso di centinaia di milioni di anni”. Gli strumenti di modellazione sviluppati dal team potrebbero essere utilizzati nella bioingegneria, per progettare robot ispirati alla natura in grado di spostarsi attraverso ambienti complessi o instabili. I risultati suggeriscono che le prestazioni locomotorie dei mammiferi hanno raggiunto picchi e sono calate nel corso di milioni di anni, piuttosto che progredire in modo semplice e lineare Alcune specie estinte sembravano anche più flessibili, in grado di passare da posture più distese a più erette, come fanno gli alligatori e i coccodrilli moderni. Queste scoperte contribuiscono a conciliare diversi problemi irrisolti nei registri fossili, spiegando ad esempio la presenza di mani, pieni e articolazioni asimmetriche in diversi antenati dei mammiferi. “Il nostro lavoro – aggiunge Pierce – sottolinea che il percorso dell’evoluzione non segue una traiettoria semplice, ma prosegue per tentativi ed errori. Ad ogni modo, i progressi nella potenza di calcolo e nella modellazione digitale aprono una nuova frontiera per indagare questi antichi misteri”. “Le nuove tecniche – concludono gli autori – contribuiranno a ottenere una prospettiva più completa dei passaggi che hanno portato alla natura come la osserviamo oggi. Potremmo applicare questo metodo anche a molte altre specie”.(30Science.com)