Roma – Le condizioni uniche di microgravità all’interno della Stazione spaziale internazionale (ISS) potrebbero garantire l’assemblaggio dei tessuti epatici umani con migliorate rispetto ai metodi usati sulla Terra. A sottolinearlo uno studio, presentato durante il Congresso clinico 2024 dell’American College of Surgeons (ACS) a San Francisco dagli scienziati dell’Università della California a San Francisco. Il team, guidato da Tammy T. Chang, ha valutato i risultati di una serie di esperimenti condotti a bordo della stazione orbitante, per valutare l’efficacia di nuovi approcci di ingegneria tissutale. Il progetto, spiegano gli esperti, prevede lo sviluppo di un bioreattore per la conservazione stabile dei tessuti tramite superraffreddamento, un passaggio fondamentale per il trasporto di tessuti vitali sulla Terra. Questo lavoro, commentano gli scienziati, potrebbe portare allo sviluppo di nuovi tessuti epatici derivati da cellule staminali, offrendo un’alternativa ai tradizionali trapianti di fegato.
L’approccio proposto dal gruppo di ricerca sfrutta l’ambiente unico della microgravità per affrontare i limiti delle attuali tecniche di ingegneria tissutale sulla Terra. Ad esempio, l’uso di matrici artificiali che forniscono una struttura su cui crescono le cellule potrebbe introdurre materiali esterni e alterare la funzione cellulare. “I nostri dati – afferma Chang – suggeriscono che le condizioni di microgravità consentono lo sviluppo di tessuti epatici con una migliore differenziazione e funzionalità rispetto a quelli coltivati sul pianeta”. Nello specifico, spiega il team, il primo passaggio prevede la riprogrammazione di cellule umane come staminali embrionali, che possono trasformarsi in molti tipi diversi di cellule. Queste unità biologiche vengono quindi integrate nei tessuti epatici in microgravità che funzionano come un organoide di fegato, più piccolo e semplice delle controparti organiche. A differenza dei metodi di ingegneria tissutale legati alla Terra che si basano su matrici esogene o piastre di coltura, la microgravità consente alle cellule di fluttuare liberamente e organizzarsi naturalmente, con conseguenti tessuti più accurati dal punto di vista fisiologico. Nell’ambito del progetto è stato sviluppato il bioreattore Tissue Orb, che permette di facilitare l’autoassemblaggio dei tessuti nell’ambiente senza peso dello spazio. Il bioreattore è dotato di un vaso sanguigno artificiale e di uno scambio di media automatizzato, che simula il naturale processo di flusso sanguigno dei tessuti umani. Gli scienziati stanno anche lavorando su tecniche avanzate di crioconservazione per trasportare tessuti ingegnerizzati dallo spazio alla Terra in modo sicuro. La fase successiva del progetto prevede il test del superraffreddamento isocoro, un metodo di conservazione che mantiene i tessuti al di sotto della temperatura di congelamento senza danneggiarli. Queste tecnologie potrebbero estendere la durata di conservazione dei tessuti ingegnerizzati e potenzialmente essere applicata a interi organi. “Il nostro obiettivo – conclude Chang – è quello di sviluppare tecniche di conservazione robuste che ci consentano di riportare sulla Terra tessuti funzionali, dove possono essere utilizzati per una serie di applicazioni biomediche, tra cui la modellazione delle malattie, i test sui farmaci e, infine, l’impianto terapeutico”. (30Science.com)