Lucrezia Parpaglioni

Nuovo farmaco promettente contro l’Alzheimer

(4 Ottobre 2024)

Roma – Compiuto un promettente passo avanti nello sviluppo di farmaci per il trattamento della malattia di Alzheimer: per la prima volta, gli scienziati hanno sviluppato un farmaco che agisce su entrambi i principali “punti caldi” di aggregazione della proteina Tau nel cervello, un fattore chiave della neurodegenerazione. È quanto emerge da una ricerca condotta da un gruppo internazionale di ricercatori, guidati dalla Lancaster University, pubblicata su Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association. La ricerca è stata condotta in collaborazione con l’Università di Southampton, la Nottingham Trent University, il Tokyo Metropolitan Institute of Medical Science e l’University of Texas Southwestern Medical Centre. Il farmaco, un inibitore peptidico chiamato RI-AG03, si è rivelato efficace nel prevenire l’accumulo di proteine Tau sia negli studi di laboratorio che in quelli condotti sui moscerini della frutta. “La nostra ricerca rappresenta un passo importante verso la creazione di trattamenti che possano prevenire la progressione di malattie come l’Alzheimer”, ha detto Anthony Aggidis, ex ricercatore associato post-dottorato presso la Lancaster University, ricercatore presso l’Università di Southampton, e primo autore dello studio. “Prendendo di mira entrambe le aree chiave della proteina Tau, questo approccio unico potrebbe contribuire ad affrontare il crescente impatto della demenza sulla società, fornendo una nuova opzione molto necessaria per il trattamento di queste malattie devastanti”, ha continuato Aggidis. Le proteine Tau svolgono un ruolo cruciale nel mantenimento della struttura e della funzione dei neuroni, cellule cerebrali. Nella malattia di Alzheimer, però, queste proteine funzionano male e si raggruppano formando fibrille lunghe e tortuose. Quando le fibrille si accumulano, creano i cosiddetti grovigli neurofibrillari, masse di proteine Tau attorcigliate che intasano i neuroni, impedendo loro di ricevere i nutrienti e i segnali di cui hanno bisogno per sopravvivere. Man mano che un numero maggiore di neuroni muore, la memoria, il pensiero e il comportamento diventano sempre più compromessi, portando al declino cognitivo che si osserva nell’Alzheimer. Esistono due specifici “punti caldi” della proteina Tau in cui tende a formarsi questo aggregato. Mentre i trattamenti attuali mirano all’uno o all’altro di questi punti caldi, RI-AG03 mira in modo unico e blocca entrambi. “Ci sono due regioni della proteina Tau che agiscono come una cerniera per permetterle di aggregarsi”, ha dichiarato Amritpal Mudher, professore di neuroscienze presso l’Università di Southampton. “Per la prima volta abbiamo un farmaco che è efficace nell’inibire entrambe queste regioni”, ha continuato Mudher. “Questo meccanismo a doppio bersaglio è significativo perché agisce su entrambi i domini che stimolano l’aggregazione della Tau, aprendo potenzialmente la strada a trattamenti più efficaci per le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer”, ha precisato Mudher. L’approccio basato sui peptidi è anche più mirato rispetto ai trattamenti attuali, il che lo rende potenzialmente più sicuro, con minori effetti collaterali. “Sappiamo che la tossicità della proteina Tau è intimamente legata alla sua capacità di aggregarsi; quindi, inibendo l’aggregazione ci aspettiamo di ottenere effetti desiderabili”, ha affermato Aggidis. “Ma – ha aggiunto Aggidis – gli attuali inibitori dell’aggregazione hanno molti effetti collaterali perché possono interferire con le funzioni di molte altre proteine”. “RI-AG03 è stato progettato specificamente contro la proteina Tau, il che significa che è meno probabile che interagisca in modo indesiderato con altre proteine”, ha specificato Aggidis. Per testarne l’efficacia nelle cellule di un organismo vivente, i ricercatori dell’Università di Southampton hanno somministrato il farmaco a moscerini della frutta con Tau patogena. Questi modelli di moscerini della malattia di Alzheimer sono stati generati da Shreyasi Chatterjee, docente senior presso la Nottingham Trent University. I ricercatori hanno scoperto che il farmaco sopprimeva la neurodegenerazione e prolungava la vita dei moscerini di circa due settimane, un’estensione significativa se si considera la durata della vita degli insetti. Per capire cosa stesse accadendo, gli scienziati di Southampton hanno esaminato in profondità il cervello dei moscerini della frutta. “Quando non abbiamo alimentato le mosche con l’inibitore peptidico, avevano molte fibrille patogene, che si raggruppano in un groviglio, ma quando le abbiamo nutrite con il farmaco, la quantità di fibrille patogene è diminuita in modo significativo”, ha evidenziato Mudher. “Più alto era il dosaggio somministrato, maggiore era il miglioramento della durata di vita del moscerino della frutta”, ha sottolineato Mudher.  Per assicurarsi che non si trattasse di un fenomeno esclusivo dei moscerini della frutta, i ricercatori dell’University of Texas Southwestern Medical Centre hanno testato il farmaco in una cellula biosensore, un tipo di linea cellulare umana vivente che viene ingegnerizzata per rilevare la formazione di fibrille di tau patogene. Anche in questo caso, il farmaco è riuscito a penetrare nelle cellule e a ridurre l’aggregazione delle proteine Tau. L’équipe ritiene che il lavoro svolto avrà un impatto significativo sugli sforzi di scoperta di farmaci nel campo delle malattie neurodegenerative e prevede ora di testare RI-AG03 nei roditori, prima di procedere alla sperimentazione clinica. La ricerca è stata finanziata dall’Alzheimer’s Society UK. “La demenza è il più grande killer del Regno Unito e comporta costi e pressioni enormi per il nostro sistema sanitario, motivo per cui ci impegniamo a finanziare studi all’avanguardia a livello mondiale come questo”, ha specificato Richard Oakley, direttore associato della ricerca e dell’innovazione della Società. “Questa ricerca sta compiendo passi promettenti verso una nuova terapia unica nel suo genere che colpisce la Tau, una proteina dannosa nel cervello delle persone affette da Alzheimer, impedendole di aggregarsi”, ha notato Oakley. “Questo farmaco ha il potenziale per essere più mirato di altri attualmente in fase di studio e speriamo che comporti meno effetti collaterali tossici”, ha specificato Oakley.  “È importante notare che lo studio è in fase iniziale; quindi, non sappiamo ancora se funzionerà o sarà sicuro per gli esseri umani, ma è uno sviluppo entusiasmante e non vediamo l’ora di vedere dove ci porterà”, ha ammesso Oakley.  “La ricerca sconfiggerà la demenza, ma dobbiamo fare in modo che diventi realtà prima attraverso più finanziamenti, più partnership e più persone che partecipano alla ricerca sulla demenza”, ha concluso Oakley.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.