Valentina Di Paola

Scoperto un possibile biomarcatore della depressione

(4 Settembre 2024)

Roma – Gli individui affetti da depressione sembrano manifestare una rete cerebrale quasi due volte più grande rispetto alla maggior parte della popolazione generale. A evidenziare questa curiosa correlazione uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, condotto dagli scienziati del Weill Cornell Medicine. Il team, guidato da Conor Liston e Charles Lynch, ha valutato coinvolto 141 individui con depressione, che sono stati confrontati con 37 persone sane. Nonostante decenni di studi di neuroimaging, sono state identificate solo modeste differenze nella struttura e nella connettività del cervello nelle persone con depressione, limitando così l’attuale comprensione dei meccanismi o dei fattori di rischio per l’insorgenza della malattia. Inoltre, la mancanza di studi a lungo termine, volti a spiegare la natura episodica della condizione, ha fortemente ostacolato le indagini sui meccanismi alla base delle transizioni dello stato d’animo. Nell’ambito del lavoro, il gruppo di ricerca ha utilizzato una tecnica chiamata mappatura funzionale di precisione in un’analisi primaria di persone con depressione. I partecipanti avevano un’età media di 41 anni, e le loro letture sono state confrontate con quelle ottenute da 37 soggetti sani. Le analisi sono state replicate in più grandi set di dati esistenti. Gli autori hanno scoperto che un gruppo di regioni cerebrali, note collettivamente come rete di salienza frontostriatale, si era espanso quasi del doppio nel cervello della maggior parte degli individui con depressione. Questa caratteristica sembrava stabile nel tempo, e non risultava influenzata dai cambiamenti dello stato d’animo. Allo stesso tempo, tale espansione è stata rilevata anche nei bambini, molto prima della comparsa dei primi sintomi, che generalmente si manifestano durante l’adolescenza. Le dimensioni della rete di salienza frontostriatale potrebbero pertanto essere utilizzate come biomarcatore per il rischio di depressione. Questi risultati, commentano gli autori, potrebbero rappresentare la base per lo sviluppo di futuri interventi terapeutici mirati ai pazienti con depressione. Ad ogni modo, precisano gli esperti, sarà necessario condurre ulteriori approfondimenti per confermare l’associazione emersa dall’indagine. (30Science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).