Lucrezia Parpaglioni

I bambini nati nell’era della pandemia non presentano un rischio di autismo aumentato

(24 Settembre 2024)

Roma – I bambini nati durante il primo anno della pandemia, compresi quelli esposti al COVID in utero, non hanno mostrato maggiori probabilità di risultare positivi all’autismo rispetto ai bambini non esposti al virus o a quelli nati prima della pandemia. Lo rivela uno studio dei ricercatori del Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons, pubblicato su JAMA Network Open. I risultati descrivono il primo rapporto sul rischio di autismo tra i bambini dell’era pandemica. “È noto che il rischio di autismo aumenta praticamente con qualsiasi tipo di insulto alla mamma durante la gravidanza, comprese le infezioni e lo stress”, ha affermato Dani Dumitriu, professoressa di pediatria e psichiatria e autore senior dello studio. “La portata della pandemia di COVID aveva fatto temere a pediatri, ricercatori e scienziati dello sviluppo che avremmo assistito a un’impennata dei tassi di autismo”, ha continuato Dumitriu. “Ma – ha aggiunto Dumitriu – cosa rassicurante, nel nostro studio non abbiamo trovato alcuna indicazione di tale aumento”. “È importante notare – ha sottolineato Dumitriu – che lo studio non ha esaminato la diagnosi di autismo, ma solo il rischio di sviluppare l’autismo misurato da un questionario di screening compilato dai genitori del bambino”. “È troppo presto per avere numeri diagnostici definitivi”, ha dichiarato l’autrice. “Ma questo screener è predittivo e non dimostra che l’esposizione prenatale al COVID o alla pandemia aumenti la probabilità di autismo”, ha proseguito Dumitriu. “Ci sono state ampie speculazioni su come si sta sviluppando la generazione COVID e questo studio ci dà il primo barlume di risposta per quanto riguarda il rischio di autismo”, ha precisato Dumitriu. L’équipe di Dumitriu ha studiato i potenziali effetti del COVID, quali lo stress materno legato alla pandemia e l’infezione materna, sul neurosviluppo infantile in diversi momenti dalla nascita attraverso l’iniziativa COMBO, COVID-19 Mother Baby Outcomes. I bambini che erano nel grembo materno durante le prime fasi della pandemia stanno raggiungendo l’età in cui potrebbero emergere i primi indicatori di rischio di autismo. Lo studio attuale ha esaminato quasi 2.000 bambini nati presso il Morgan Stanley Children’s Hospital e l’Allen Hospital del NewYork-Presbyterian tra gennaio 2018 e settembre 2021. Il rischio di autismo è stato calcolato in base alle risposte di un questionario di screening dello sviluppo neurologico che i pediatri danno ai genitori per valutare il comportamento dei bambini. I punteggi sono stati confrontati per i bambini nati durante e prima della pandemia e per i bambini con e senza esposizione in utero alla COVID. Tutti i bambini sono stati sottoposti a screening tra i 16 e i 30 mesi di età. I ricercatori non hanno riscontrato differenze negli screening positivi per l’autismo tra i bambini nati prima della pandemia e quelli nati durante la pandemia. “Il COVID è ancora abbastanza diffuso, quindi questa è una notizia confortante per le persone in gravidanza che sono preoccupate di ammalarsi e del potenziale impatto sul rischio di autismo”, ha osservato Dumitriu. Sorprendentemente, lo studio ha anche rilevato che un minor numero di bambini esposti al COVID in utero è risultato positivo all’autismo rispetto ai bambini le cui mamme non avevano il COVID. “Sospettiamo che il fatto di aver contratto il COVID durante la gravidanza possa aver influenzato la valutazione dei genitori sui comportamenti dei loro figli”, ha sottolineato Dumitriu. “I genitori che non hanno avuto il COVID potrebbero aver sperimentato un maggiore stress, dovuto alla costante preoccupazione di ammalarsi e alla vigilanza per prevenire le infezioni e potrebbero essere più propensi a riferire comportamenti preoccupanti del bambino”, ha evidenziato Dumitriu. Man mano che i bambini crescono, i ricercatori continueranno a monitorarli per individuare eventuali diagnosi di autismo. Ma, sulla base dei risultati attuali, Dumitriu ritiene improbabile che si verifichi un aumento dell’autismo legato al COVID. “I bambini che erano nel grembo materno all’inizio della pandemia stanno raggiungendo l’età in cui emergerebbero i primi indicatori di autismo, e non li stiamo vedendo in questo studio”, ha notato Dumitriu. “E poiché è noto che l’autismo è influenzato dall’ambiente prenatale, questo è molto rassicurante”, ha specificato Dumitriu. Ma, altri disturbi potrebbero emergere in seguito e i ricercatori continueranno a studiare lo sviluppo neurologico dei bambini man mano che progrediscono con l’età. Diversi studi su bambini nati in utero durante precedenti pandemie, disastri naturali, carestie e guerre hanno dimostrato che altre condizioni del neurosviluppo, potenzialmente innescate dall’ambiente stressante, possono emergere nell’adolescenza e persino nella prima età adulta. “Dobbiamo riconoscere l’esperienza e l’ambiente unici dei bambini nati durante la pandemia, compresi lo stress dei genitori e l’isolamento sociale, e continuare a monitorarli per individuare potenziali differenze di sviluppo o psichiatriche”, ha concluso Morgan Firestein, ricercatore associato in psichiatria e primo autore dello studio.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.